Affittare i propri mezzi e riaffittarseli per realizzare un profitto contabile. Per questa operazione (andata poi male) la Corte dei Conti del Lazio ha dichiarato che l’Atac ha creato un danno al Comune di Roma da 23 milioni di euro. E ora, come riporta il quotidiano “”Il Tempo” l’azienda partecipata al 100 per cento dal comune di Roma dovrà ripagare la sua controllante, cioè il Campidoglio. A meno che non passi la riforma Madia sulle società partecipate “In house” che fa passare il controllo dalla Corte dei Conti al giudice ordinario.
I fatti risalgono addirittura all’era Rutelli-Veltroni (2003-2004) quando a capo dell’azienda romana era Mauro Calamante presidente quando l’azienda decide di affittare fino al 2029 a un investitore americano 36 tram e 94 treni della metro B in cambio di oltre 555 milioni di dollari. Quei soldi svaniscono quasi tutti immediatamente nel subaffitto, ma il contratto crea ad Atac un momentaneo profitto da iscrivere in bilancio per oltre 13 milioni di euro.
Con il passare degli anni quella che poteva sembrare una operazione finanziaria vantaggiosa diventa un disastro per l’azienda che vede frantumarsi le garanzie avute da un istituto di credito (Dexia) e dalle assicurazioni (Aig) che con la crisi del 2008 vengono declassate trasformando i profitti in perdite che arrivano fino ai 23 milioni certificati dalla Corte dei Conti. Una piccola grande disgrazia nell’immenso buco di 429 milioni di debiti che oggi conta Atac nel suo bilancio. Per questa operazione del 2003 la Corte dei Conti ha deciso di chiedere conto al consiglio di amministrazione di allora, inviando un “invito a dedurre” a Calamante e ad altri quattro consiglieri.
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