Comune di Roma – Quattro o cinque indagati (si presume per corruzione) del servizio condoni di Risorse per Roma fanno notizia, ma non fanno notizia gli sforzi intrapresi dal 2011 ad oggi per ristrutturare un comparto di grande rilevanza anche sociale come dimostreranno i numeri dati che ci apprestiamo a fornire. Anzi che ci ha fornito il supervisore Generale Damiano Apostolo nel corso di un nostro lungo sopralluogo alla sede del condono di Risorse Per Roma in via di Decima. Prima però tocca fare un po di storia.
L’opportunità del condono edilizio viene sancita da tre successive leggi del 1985, del 1994 e con l’ultima del 2003 con le quali si dovrebbe chiudere un ciclo che prevede procedure estremamente complesse. Per smaltire l’enorme numero di pratiche il Comune di Roma istituisce un servizio dedicato che verrà successivamente esternalizzato alla società Gemma alla quale il Comune imporrà un obiettivo di 60.000 pratiche l’anno, ritmo che porterà al collasso la società con tutto uno strascico di conseguenze legali.
Nel 2010 il servizio viene affidato a Risorse Per Roma e gli uffici, dal 2011 supervisionati dal Generale Apostolo, si ritrovano 347.000 pratiche smaltite dal 1996 delle quali solo 1985 respinte. Il che lascia presupporre una sorta di condono facile, molto facile. Dal 2011 la danza cambia: ma per cambiare deve radicalmente mutare tutta la struttura del servizio: rispetto puntuale della legge, trasparenza, efficienza, controlli. Che detto così paiono slogan politici molto di moda di questi tempi, ma che invece presuppongono un lavorone per il personale sotto l’occhio vigile del carabiniere Apostolo.
Dal 2012 la macchina messa a punto comincia a funzionare. Le pratiche esitate sono 49.000 ma quelle respinte (badate bene) ammontano a 7.000. Un buon lavoro indubbiamente, ma le pratiche da avviare sono ancora 200.000 e vanno a riempire ben due piani dell’archivio, finalmente controllato rigorosamente per la movimentazione dei fascicoli. Prassi a quanto pare infrequente prima del 2011, con faldoni che giravano a ruota libera probabilmente per interventi sulle pratiche non sempre trasparenti (giusto per usare un eufemismo).
Va aggiunto che delle 200mila giacenti “da lavorare”, il 40% sono abbastanza semplici mentre il restante 60% presentano notevoli complessità istruttorie e non riguardano solo i condoni per i grandi costruttori, come si potrebbe immaginare. Resta il fatto che restano in attesa del condono decine di migliaia di famiglie che costituiscono anche un vero e proprio problema sociale, soprattutto fra i più deboli che in questa metropoli delle esclusioni e della emarginazione sono pure tanti.
Risparmiamo al lettore la descrizione del deposito (che non abbiamo voluto visitare) delle pratiche storicamente evase che occupano qualcosa come 12 chilometri d’archivio a Pomezia, a gloria della Roma cartacea e veniamo alla organizzazione attuale degli uffici. La struttura attuale degli uffici è rigorosamente gerarchica e suddivisa per funzioni definite, ponendo fine al precedente “andando vedendo” dove tutti alla fine fanno tutto. Nel contesto di questa macchina la sorveglianza risulta fondamentale perché, in primo luogo, è una assunzione di responsabilità sulle decisioni. A cominciare dal front office per il pubblico che smista ogni giorno 400 utenti dalle 8 alle 15 con appuntamenti fissati da un call center (anche di prima informazione), direttamente on line oppure con la semplice richiesta di accesso agli sportelli.
Oggi l’ufficio condoni dispone 180 dipendenti in carico a Risorse per Roma più qualche decina di comunales. Le procedure sono in parte digitalizzate, ma della informatizzazione decisa già prima del 2010 si son perse le tracce così come dei relativi programmi informatici che pure sono stati profumatamente pagati a spese del contribuente. Oggi fortunatamente esiste una ‘tracciabilità’ degli atti che dà certezze agli uffici e all’utenza. Ma al di là degli aspetti organizzativi resta il dato finanziario: il condono ha portato alle casse comunali oltre 81 milioni di euro solo dal 2012 al 2015. Questa è la fotografia più o meno approssimata dell’esistente, ma la prospettiva è di almeno altri 10 anni di lavoro per smaltire l’arretrato.
Limitati i rischi di corruzione grazie a metodi di controllo quasi militari, il futuro di questa macchina dipende invece dalle decisioni politiche. Qui le scuole di pensiero divergono fra chi vorrebbe lasciare le cose così come stanno e chi vorrebbe integrare l’ufficio condono all’interno delle strutture amministrative capitoline. Tuttavia l’esperienza di questi anni ci insegna che smontare i giocattoli che funzionano per sostituirli con altri è molto rischiosa perché, nella burocrazia delle autonomie locali, significa sovrapporre strati nuovi di funzioni su quelle già esistenti e funzionanti. Con esiti incerti per la macchina di governo capitolina inceppata da una vera e propria crisi di sistema.