Elezioni, se Storace fa il gioco di Berlusconi

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Il lungo ponte del 25 aprile sembra aver messo la sordina a questa fgicca campagna elettorale. Poche dichiarazioni di rilievo se non quella di Francesco Storace che nelle ultime ore si è accorto «di brutti veti» su di lui da parte di Giorgia Meloni. La cosa non pare poi così stupefacente se si considera che Francesco, come d’altronde l’imprenditore Alfio Marchini, continua a tenere  il filo del dialogo con Sivio Berlusconi che di fatto sta silurando Giorgia per impedirle di arrivare al ballottaggio. Colpa di Matteo Salvini che con le sue felpe e le sue dichiarazioni incendiarie su immigrazione, rom,  contro l’Europa e persino il Papa, pare deciso a prendersi la leadership del centro destra.

AMMUCCHIATA A DESTRA

Ormai Storace, che i suoi 20.000 voti a Roma potrebbe sempre raccoglierli, si è convinto che alle elezioni il centro destra ci andrà con lui, la Meloni, Marchini e Bertolaso, ma sa anche che la sua piccola percentuale di voti potrebbe ulteriormente indebolire la posizione di Giorgia.  Ipotesi congeniale alla strategia del Cavaliere che su Roma non molla a rischio di favorire il ballottaggio solo fra la pentastellata Raggi e il candidato del Pd. In fondo da Arcore si dava già per persa la Capitale e poi di qui alle elezioni politiche i conti con Salvini si potranno sempre regolare. Quello che conta oggi per Berlusconi è giocarsi quel minimo di consenso politico che resta a Forza Italia soprattutto per tutelare le aziende di famiglia che strategicamente valgono molto di più di qualche punto percentuale in più o in meno.

BERLUSCONI RINUNCIA A ROMA

In sostanza il Cavaliere rinuncia a Roma e punta sulla futura spendibilità politica di quel che resta di FI. La sua  holding  del Biscione non può certo perdersi dietro le farneticazioni di Matteo Salvini che potrà pure arrivare un domani al 16% dei consensi, ma non sarà mai una vera alternativa di Governo. A Roma la partita vera si gioca invece con i 5stelle che spacciati in altre città dove si vota ostentano già la vittoria in tasca nella Capitale, anche se il ballottaggio e la forte astensione al voto rappresentano una grande incognita. Intanto perché al secondo turno Sinistra Italiana potrebbe confluire sul candidato del Pd ricompattando il fronte della gauche, mentre non è detto che gli elettori della Meloni confluiscano necessariamente su Virginia Raggi. Anzi è possibile che i moderati di Bertolaso e Marchini vadano a votare per il candidato del Pd. Nello sbriciolamento del centro destra emerge ‘la profezia’ del senatore Augello , tanto inviso alla Meloni, a Rampelli e alla tradizionale destra romana ex An, che un anno fa puntava  su Marchini riuscendo quasi a convincere il Cavaliere se i fratelli D’Italia non avessero cominciato a strillare contro tale ipotesi e Salvini non avesse cambiato le carte in tavola.  Quanto alle proposte dei vari candidati niente a che vedere con quel modello Roma che ha caratterizzato per quasi vent’anni il governo della Sinistra. Così è probabile che quelli che andranno a votare decideranno più sulla immagine delle due barbies della politica romana o del trasandato Giachetti più che su delle idee forza per ribaltare le sorti di questa decadente metropoli.

Giuliano Longo

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