Fassina, liste bloccate e futuro incerto

0
1146
Elezioni, Stefano Fassina torna in campo

Se da un lato la decisione del Tar di respingere il ricorso sulle liste di Stefano Fassina (bocciate in prima istanza dalla Commissione Elettorale per gravi vizi di sostanza) lascia un minimo di speranza per il ricorso al Consiglio di Stato che deciderà la prossima settimana, dall’altro apre un problema che poterebbe non solo riguardare Roma, ma la stessa strategia nazionale di Sel/Sinistra Italiana. Fassina sindaco e la sua Sinistra Italiana lanciata nel novembre scorso con D’Attorre (entrambe fuorusciti dal Pd) al teatro Quirino con grande entusiasmo e sventolio di bandiere, doveva costituire, nelle ambizioni dei fondatori, il primo passo per la ri-fondazione di quella sinistra antirenziana. Un sinistra che avrebbe dovuto cogliere il testimone della ’narrazione’ vendoliana ormai superata politicamente dopo lo sgretolamento di Sel che aveva visto il passaggio di alcuni suoi esponenti, quali il sottosegretario Migliore, nelle file dei Democratici. Una sorta di warning al Pd ormai avviato, secondo Fassina &C, verso quel Partito della Nazione di chiara impronta moderata ed antisindacale. Il ragionamento aveva e ha una sua logica elettorale, se si pensa che anche Rifondazione Comunista prima della scissione di Cossutta con il suo PdCi nel 1998, aveva superato il 9% dei consensi, limite fisiologico di una sinistra di tipo Linke in Germania. Anzi, le possibilità di affermazione parevano più rosee soprattutto dopo la svolta moderata di Matteo Renzi ed il proliferare di spinte europee a sinistra quali quelle di Tzipras in Grecia  e Podemos in Spagna. Roma a questo punto diveniva il laboratorio della sperimentazione, contrariamente a Milano dove Sel va con il candidato voluto da Renzi, quel Sala che oggi se la deve vedere testa a testa con il moderato Parisi. Già Fassina aveva trovato sulla sua strada i mugugni dell’ala “poltronara” di Sel che, rappresentata dal vice presidente della Regione Smeriglio e dall’ex capogruppo capitolino Peciola, rimane convinta che solo con il Pd si può governare anche Roma.

SCENARI – E pensare che era stata proprio Sel nel luglio dell’anno scorso a ritirarsi dalla maggioranza fiutando le future sorti di Marino o forse solo incazzata per l’esclusione di Nieri dalla poltrona di vice-sindaco. Salvo poi, dopo la caduta di Ignazio, scoprirsi ineguagliabili estimatori dell’ex sindaco vittima di non ben precisati “poteri forti”. Fassina, che è invece persona seria, già al teatro Quirino aveva dichiarato che  l’esperienza di governo del Marziano si era conclusa e nemmeno tanto gloriosamente. Ma l’eventualità che l’ex sindaco presentasse una sua lista alle comunali, indusse molti di Sel a corteggiarlo nella speranza di arraffare i consensi da quella parte del Pd  che nella defenestrazione di Ignazio avevano intravisto un vulnus alla democrazia. Poi arriva Giachetti, già unto da Renzi alla Leopolda, e qui il vulnus si apre proprio nel Pd perché il commissario Orfini e il governatore Zingaretti vorrebbero ricucire a sinistra, riportare le pecorelle smarrite nell’ovile della tradizionale alleanza. Fassina non ci sta e anzi fa qualche apertura, o apprezzamento che dir si voglia, alla grillina Raggi e la partita con il Pd si chiude. Una storia complicata quella di Stefano che oggi potrebbe affrontare una resa dei conti con i suoi compagni proprio a Roma, salvo la decisione del Consiglio di Stato che lo rimetterebbe in sella salvandogli la cabeza.

IN BALLO – Ora c’è in ballo quel 6% di consensi, 60/70mila voti, sui quali il Pd vanta un sorta di diritto di prelazione, al punto che lo stesso Giachetti improvvisamente si accorge anche lui di avere una vocazione per l’unità della sinistra. Il problema non è di poco conto perché Bobo su quei voti ci gioca la certezza, o quanto meno la conferma, di arrivare al ballottaggio presumibilmente con la Raggi. Sgomberato il campo da complotti innominabili, Fassina dignitosamente non salta su nessun carro, ma sotto sotto non è detto che l’ala ‘migliorista’ di Sel finisca per lavorare in favore di Bobo magari per qualche strapuntino, sempre che lui vinca. E mentre la sinistra mondiale riprende fiato nella patria della globalizzazione che sono gli Usa con il socialdemocratico Sanders (che condizionerà la Clinton), e l’anziano ed europeista Corby raccatta dei successi nel sud del Regno Unito, il sogno di Sinistra Italiana par naufragare sotto le mura Aureliane per una banale dimenticanza di date. Che non ci si venga a dire che un regolamento di conti non ci sarebbe se l’esclusione delle liste verrà confermata, perché il vizio della sinistra sinistra è sempre stato quello di litigare e frazionarsi sin da tempi della Seconda Internazionale. Per restare al secolo scorso, PSIUP, Pdup, come ricorderanno i più anziani, Prc di Ferrero, Pdci, Sel, Sinista Italiana, Comunisti di Rizzo e giù giù a frazionarsi sino alla irrilevanza politico/elettorale. Sigle di una diaspora che non troverà mai il comun denominatore, nemmeno quello di un Labour con una forte connotazione sindacale. E la sinistra del Pd? Certo non si potrà mai identificare con questa diaspora eppure Fassina e D’Attorre, nonostante le stanche dichiarazioni unitarie di Bersani e Cuperlo che dal Pd non schioderanno mai, potevano comunque rappresentare una stampella, un pungolo da sinistra. Ma la vicenda romana potrebbe non lasciar spazio al perdono. Poi decidano tribunali che non fanno politica, ma la condizionano pesantemente.

Giuliano Longo

È SUCCESSO OGGI...