Ignazio Marino va alla radio a parlare con i cittadini e intanto scoppia lo scandalo Atac dei biglietti clonati. Dalle frequenze romane arrivano le telefonate sulla situazione dell’Atac che, candidamente, chiedono al primo cittadino come si possano risanare le casse dell’azienda comunale dei trasporti. Altrettanto candidamente il sindaco risponde che «più che all’aumento del costo del biglietto penso all’aumento dei controlli su chi il biglietto lo ha acquistato e chi no, visto che ogni giorno purtroppo in tutta la città ci sono meno di 60-70 controllori».
Nel frattempo, ha aggiunto Marino, «vorremmo rendere più facile l’acquisto biglietto, con la possibilità di pagamento con carta di credito o bancomat per la metro e tramite cellulare sul bus». Contemporaneamente su “Repubblica” con l’inchiesta di Daniele Autieri e Carlo Bonini scoppiava il caso della falsa bigliettazione e della “doppia contabilità” che da tredici anni, con solidarietà bipartisan tra le giunte comunali, andava a creare un “sistema oliatissimo” con oltre 70 milioni euro all’anno che finivano in una contabilità “non ufficiale” che avrebbe creato fondi neri. Su questa vicenda la Guardia di Finanza sarebbe al lavoro dal 2012.
L’inchiesta di Repubblica squarcia dunque un altro velo sulle modalità di finanziamento della politica romana, questa volta basato sulla mancanza di controlli alla fine del processo di produzione e vendita dei biglietti di bus, metro e tram che, pur essendo numerati e segnati in una lista di entrata e una di uscita, non vengono controllati al termine del loro ciclo di vita in modo da poter essere clonati, secondo l’inchiesta, anche dieci volte. Biglietti cioè stampati e ristampati, venduti e rivenduti, sempre con lo stesso numero di serie, che andavano a ingrossare la contabilità “parallela”. La politica che oggi scopre la notizia si dice sconcertata, ma mentre le responsabilità andranno accertate e confermate, la città sprofonda in un abisso ancora più profondo.
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