Dai 40 agli 82 euro in busta. Ecco le nuove regole del Tfr

Saranno coinvolti 6 milioni e 500 mila dipendenti

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Dai 40 agli 82 euro al mese. Questa la somma che guadagnerebbero lavoratori italiani nel caso passasse la proposta del governo del Tfr in busta paga. Lo calcola la a Fondazione studi dei consulenti del lavoro che chiarisce tutti i passaggi tecnici della proposta, illustrando il bacino d’utenza, l’ammontare della somma da percepire e le criticità legate alle coperture finanziare e agli equilibri pensionistici. «Nelle buste paga dei lavoratori -spiega- andrebbero circa 40 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 50%), circa 62 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 75%) e circa 82 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 100%).  La proposta del governo di anticipare il Tfr dovrebbe riguardare esclusivamente i dipendenti del settore privato, ovvero circa 12 milioni di lavoratori rispetto agli oltre 3 milioni del settore pubblico.

NEL DETTAGLIO – «Per il settore privato – precisa la Fondazione- ogni anno vengono erogate 315 miliardi di retribuzioni contro i 115 miliardi per quelle dei lavoratori pubblici, per un totale di circa 430 miliardi di retribuzioni l’anno. Il Tfr maturato ogni anno è circa 21 miliardi, 451 milioni di euro. Quando il Tfr viene anticipato mensilmente in busta paga dai datori di lavoro  i giudici del lavoro hanno stabilito un cambiamento della natura della retribuzione, che diventa ordinaria e non speciale. Di conseguenza, le imprese sono tenute a pagare i contributi corrispettivi e i lavoratori le imposte con un tasso ordinario e non più agevolato. Quindi per conservare l’agevolazione fiscale e contributiva «bisogna necessariamente prevedere un’adeguata copertura finanziaria». Per le imprese che superano 49 dipendenti il Tfr rimasto in azienda viene destinato al Fondo di Tesoreria Inps, dal quale non è possibile sottrarlo, quindi la proposta del Governo  riguarderebbe solo la metà dei lavoratori privati che lavorano in imprese con meno di 50 dipendenti, ovvero i 6 milioni e 500 mila dipendenti.  «Il Tfr è da sempre usato -precisa la Fondazione studi- come uno strumento per autofinanziarsi. Se si decidesse di anticiparlo ogni mese, bisognerebbe prevedere un sistema di compensazione. Se è vero che il Tfr da monetizzare è quello per il futuro, e non quello maturato per il passato, è pur vero che le imprese sarebbero a rischio liquidità e, quindi, bisognerebbe compensare riducendo i costi contributivi, così come avvenne  a suo tempo per il versamento al Fondo di Tesoreria per le aziende con 50 dipendenti».

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