In arrivo le pensioni flessibili. Tiziano Treu, commissario straordinario dell’Inps rilancia il dibattito.
LE IPOTESI – Tra le ipotesi si permette al lavoratore di andare a riposo due o tre anni prima rispetto ai requisiti previsti (i 66 anni della vecchiaia o i 42 di contributi della pensione anticipata). Il datore di lavoro continua a versare i contributi, ed alla scadenza il pensionato inizia a restituire con piccole trattenute mensili gli emolumenti percepiti prima dei termini normali per il pensionamento.
Il vantaggio di questa soluzione è di avere oneri contenuti per le finanze pubbliche, al massimo 400 milioni l’anno. Un’altra ipotesi di cui si è parlato è quella messa nero su bianco dall’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, ispirata al criterio della massima flessibilità: presa come riferimento l’età di 66 anni, sarebbe possibile accedere alla pensione tra i 62 e i 70, accettando però decurtazioni del 2 per cento l’anno se l’uscita è anticipata ed al contrario incassando un assegno più pesante in caso di permanenza prolungata al lavoro.
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