C’è una frase alla fine dell’intervista rilasciata dalla dimissionaria Daniela Morgante, ex assessore capitolino al bilancio, che potrebbe essere interpretata come una funesta profezia da esorcizzare. Alla ipotesi che la magistrata della Corte dei Conti ritorni a Roma come commissario lei risponde: “Spero che Roma non ne abbia bisogno e che la politica sappia dare risposte ai cittadini romani”.
LA POLITICA – Già, la politica, ma quale? Sino ad oggi il sindaco Marino ha grilleggiato non nascondendo (in privato) la sua scarsa stima nei partiti e sul personale politico del Pd. Tanto che oggi al suo fianco, per chiudere la partita del bilancio 2014 ci stanno tre deputati del Pd. Una figura istituzionale quale il sottosegretario Legnini, un ex assessore di Veltroni, Causi e il segretario regionale di quel partito, anche lui onorevole, Melilli. Scompaiono dalla scena capo gruppo, segretario cittadino, consiglieri ad eccezione (per obbligo) del presidente della commissione al bilancio Ferrari e il segretario cittadino del Pd Cosentino. Per non parlare di chi lanciò Ignazio alle primarie del suo partito, quel Goffredo Bettini, che il sindaco ha consultato tempo fa giusto per educazione. Poi c’è il partito, quello vero , il Pd che non è sempre d’accordo con l’altro socio della maggioranza Sel di cui non condivide certe posizioni de sinistra sinistra. Qui la matassa si ingarbuglia perché mentre la Morgante con le sue dimissioni apre di fatto una crisi politica i Democratici si accapigliano per le elezioni europee andando a caccia di voti sia per Bettini che per l’on. Gasbarra, per vedere chi la spunta.
IL MATCH – Un bel match che non trova grande eco fra i romani che sarà grasso che cola se supereranno qual 50% di non votanti delle ultime comunali. Occhi puntati ai sondaggi che danno l’effetto Renzi al 33%, ma che vedono preoccupato per Roma il presidente del Consiglio, che proprio l’altro ieri sbottava “non potevano aspettare il 29 maggio?”, ovvero dopo il voto? Se questa è, almeno per ora, la politica che deve dare risposte ai cittadini c’è poco da attendersi. A meno che la politica non profetizzi il commissariamento con successive elezioni, oppure, opzione poco probabile, che Marino getti la spugna prima del tempo. Ieri l’assessore Improta faceva lo spiritoso celiando sulle dimissioni della collega che non sono poi la fine del mondo, mentre l’opposizione, afona o arrochita da un lungo silenzio (Marchini compreso) lanciava i suoi strali più per consuetudine che per convinzione, forse un po’ spiazzata dal sereno dialogo fra Ignazio e Gianni che si è sempre risolto nel bon ton, ovviamente per il bene della città. Chi pare invece in effervescenza è proprio quel cerchio magico dei fedelissimi di Marino che comunque sia per il bilancio che per il piano di rientro triennale, si affiderà al ragioniere generale Salvi che, come già avvenne con Alemanno, dovrà tradurre in numeri la volontà politica del sindaco che non vuole tagliare un bel niente di quella macchina capitolina con 62.000 dipendenti.
IL PALAZZO – Ne andrebbe, dice Ignazio dei servizi essenziali, mentre aumentando un po’ di tasse non se ne accorge nessuno. Certo, ci rendiamo conto, siamo banali, semplicisti e quant’altro, ma, ci chiediamo, cosa andrà a raccontare ai cittadini questa classe politica, tutta, ormai chiusa nel Palazzo e che alla gente parla solo in occasione delle campagne elettorali? E infine consentiteci un’ultima battuta pre pasquale. Non è che il primato della politica si afferma segando i tecnici che ai politici dicono la verità, che non sarà rivoluzionaria come quella della Morgante, ma è sicuramente riformista.
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