Che la destra sgomiti scompostamente come ha fatto ieri sera in aula Giulio Cesare l’esagitato Dario Rossin dei Fratelli D’Italia, non sorprende. Semmai sorprende che il centrodestra faccia opposizione dura a un bilancio in sè esaurito e che riguarda l’operato dell’ultimo anno di un agonizzante Alemanno. Tanto valeva che i suoi lo facessero fuori prima, rinunciando ai premi di fine sindacatura che si sono spartiti. Ma Gianni le cose le sa e per questo, insieme a pochi altri, si era reso disponibile nei confronti del suo successore. Eppure sotto la rabbia dell’opposizione frustrata dalla perdita della greppia, c’è anche un aspetto politico che sta nel mutamento di equilibri fra i gruppi consiliari del centrodestra in Comune e Regione.
Ci sono oggi gli Alfaniani figli di Augello, come l’ex vicesindaco Sveva Belviso e i Forzitalioti, mai come oggi desiderosi di schierarsi alla opposizione con il Cavaliere facendo, per suo ordine espresso, della caduta di Roma l’inizio della sua guerra. Ci sono ancora le varie frattaglie dei Fratelli, degli Storaciani e altri neri in cerca di una loro identità sul modello del Fronte National della Le Pen. Succede che Marino non sia gran che interessato alle alchimie politiche. Così si è messo l’elmetto ed è andato in guerra senza gli odiati inciuci trasversali preliminari ad ogni Consiglio sul bilancio. Se a questo si aggiunge una maggioranza quasi intimidita dal protagonismo del sindaco “che non guarda in faccia nessuno” e un Pd piuttosto afono, c’è di che temere qualche intoppo nella approvazione del bilancio anche se la vera partita si giocherà su quello del prossimo anno.
Ieri, mentre 5Stelle preannuncia una opposizione morbida, ha fatto clamore l’arringa di Marchini riportata con malcelato compiacimento da Tempo, Messaggero e Corriere. Non che Alfio con il suo unico consigliere Onorato possa incidere gran che sulle sorti di questa giunta, ma nel frattempo scarica in Campidoglio casse di carta con oltre 100.000 emendamenti. Né più né meno che la più classica tecnica di Filibustering. Ma fuori dalle sceneggiate, l’imprenditore riacquista, dopo mesi, le luci della ribalta puntando il dito contro l’inettitudine di Marino e della sua giunta, le sue false promesse elettorali e l’incapacità di leggere i dati di bilancio ben prima della sua elezione. Ergo, meglio il commissario che Marino. Sfuggono in questa radicale posizione i vantaggi che il popolo avrebbe da un commissariamento tecnico, tanto più che prima o poi toccherebbe andare a votare per inventarsi un altro sindaco che comunque aumenterà le tasse.
Ma l’impressione è che il messaggio di Marchini riguardi altro, o meglio, altri. Da mesi il Messaggero di Caltagirone attacca il sindaco che tempo fa si è messo a fare lo spiritoso su Acea nella quale convergono i consistenti interessi privati del Calta e dei francesi. Per non parlare della paralisi nel settore delle costruzioni dovuto in parte alle verifiche dell’assessore Caudo sulle delibere urbanistiche approvate con Alemanno, che stanno creando la rivolta degli imprenditori del settore. Se si aggiunge il contenzioso con il Consorzio della metro C, che peraltro comprende anche le cooperative rosse, l’incertezza sui vertici Ama, la mancanza di vision sul futuro industriale di Atac, c’è di che pensare che questo sindaco non sia proprio gradito alla imprenditoria e alla finanza di questa città di cui anche Marchini è espressione. E questo Marino lo sa sin da quando ad inizio mandato con lui si consultò, evidentemente senza risultato.
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