Alfio Marchini tende la mano ma il guanto non è di velluto

Dopo mesi di silenzio, riprende l'iniziativa facendo mostra di un peso ben superiore a quello dei suoi due consiglieri (lui compreso) in aula

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Marchini torna e tende la mano ma bacchetta Ignazio Marino

Mentre l’atmosfera politica capitolina si arroventa nella imminenza obbligata dell’approvazione del bilancio 2013 killerato da 200.000 fra emendamenti e ordini del giorno, l’imprenditore Alfio Marchini interveniva questa mattina ai microfoni di Radio Popolare aprendo al sindaco uno spiraglio che potremmo definire della “concretezza”. Alfio dopo mesi di silenzio, riprende l’iniziativa facendo mostra di un peso ben superiore a quello dei suoi due consiglieri (lui compreso) in aula.

Da sinistra (non tutta in verità) si tenta di farlo passare per il rappresentate dei misteriosi poteri forti rei di tutte le peggiori efferatezze economiche, sociali e urbanistiche. Marchini invece, molto più verosimilmente, intende farsi paladino di spezzoni della maggioranza e di quei ceti imprenditoriali, fra i quali Legaccop, che rimproverano alla giunta immobilismo, quando non in competenza. Ecco perché a Radio Popolare fa sapere di aver «incontrato  una persona autorevole della maggioranza in Campidoglio» alla quale papale papale avrebbe detto: «Se voi mi dite iniziamo a lavorare da domani mattina con la ragioneria e mi fate capire come mettete in ordine i conti quest’anno e che tipo di prospettive avete per l’anno prossimo, lavorando anche sabato e domenica, vengo io con voi a Palazzo Chigi a chiedere le condizioni affinché Roma possa essere messa in sicurezza».

Con l’evidente intenzione di essere coinvolto senza pretendere compensi e prebende dei quali «non gliene frega niente». In caso contrario continuerà il braccio di ferro e se poi gli tolgono lo strumento dell’ostruzionismo mobiliterà «2000 legali per  50.000 ricorsi». Nota rodomontesca soprattutto per la parsimonia che un imprenditore (eccetto Berlusconi) dovrebbe dimostrare.  Ma fuori dalle minacce Marchini è fissato che il fallimento del Campidoglio non sarebbe una catastrofe e cita l’esempio di Bologna che è stata commissariata per due anni dalla Cancellieri allora prefetto. Ipotesi affascinante se non fosse che Bologna ha sì e no 390.000 contro i 2.700.000 di Roma, con problemi e debiti decuplicati e con la prospettiva di un commissariamento di almeno 20 anni fatte le debite proporzioni. Ipotesi di default che peraltro non suonerebbe gradita nemmeno a orecchie governative. Altro è il suo rimprovero al sindaco di non aver detto subito e chiaramente al popolo qual era la situazione reale dei conti lasciati da Alemanno (e un po’ da tutti gli altri prima di lui).

E soprattutto di continuare a dire bugie ai romani quando da sindaco (e ciò non è bene) giura che non “metteràmanonelletasche” dei romani senza convincere nemmeno alcuni dei suoi assessori. Per Marchini già da oggi si pone il problema di ripianare il buco del 2014 che sarà di un miliardo contro gli 816 milioni attuali, altrimenti a suo avviso il Comune non potrà sopravvivere nei prossimi 12-24 mesi. Previsioni fosche che dovrebbero invitare la politica a riprendersi il primato della mediazione.

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