Della costituzione del consiglio per la nuova città metropolitana e della nomina del vice di Ignazio Marino, sindaco per legge, sembrava non fregasse proprio a nessuno. Se non fosse che dopo la pausa vacanziera il profumo di nuove poltrone ha stuzzicato l’appetito delle forze politiche. In particolare del Pd che nella spartizione farà la parte del leone. Qualche timida voce (il consigliere radicale Riccardo Magi) si era levata per denunciare la scarsa democrazia nella elezione della nuova istituzione che brilla (e forse brillerà a lungo) per l’assenza del voto popolare. Mentre per certo si sa che la nuova ‘area vasta’ incorporerà i poteri della defunta provincia di Roma.
DEMOCRARITI IN FIBRILLAZIONE – Quanto basta per mettere in fibrillazione i Democratici nella definizione della lista dei candidati sulle quali ogni corrente ha voluto metterci di suo. Succede allora che dopo estenuanti patteggiamenti venerdì scorso si arriva sfornare la lista dei 24 candidati che i consiglieri dei 121 consigli comunali della provincia Roma compresa (1.685 in totale) voteranno il prossimo 5 ottobre sulla base di complicatissimi pesi percentuali. Ma successivamente a quel venerdì nero il sen. Bruno Astorre maneggia e fa entrare due nuovi nomi di donne (sostituendone altrettante) per blindare la capolista delle lista rosa cui il senatore tiene molto. Apriti cielo e la bufera si scatena sul segretario regionale del Pd on. Fabio Melilli che ha approvato il pastrocchio. Il casus belli è già bell’e che servito, giusto quanto basta a far vacillare la recente segreteria del reatino a suo tempo contestata da una buona parte del Pd. Lui per tutta risposta azzera i vertici del partito regionale, mentre fiutata la bagarre, la presidente dell’assemblea on. Lorenza Bonaccorsi si defila e assurge ai vertici della segreteria nazionale, insieme alla romanissima on. Micaela Campana. Tanto per ribadire che Matteo a governare il Suo partito vuole solo fedelissime.
RUMORI DI FRONDA – Che per Melilli cominciasse a spirare un venticello di fronda l’avevamo scritto (scusate l’autocitazione) il 30 luglio scorso quando la corrente (ma loro non vogliono definirla così) dei NoiDem si era riunita al Palazzo delle Esposizioni. Una sorta di rassemblement che aveva fatto trionfare Gasbarra alle Europee con un botto di preferenze. A farne parte gli ex dalemiani di UmbertoMarroni, i popolari di Gasbarra, i lettiani, poi i renziani della prima ora quali Bonaccorsi e Nobili e altre new entry. Giusto quelli che vedrebbero volentieri Melilli ritornare alle sue attività parlamentari. Renzi, che non ha mai amato il partito romano, non vuole metterci becco e la patata bollente casca nelle mani del vice segretario Lorenzo Guerini che vorrebbe ‘ricomporre un quadro unitario ripartendo dai contenuti’. Aria fritta soprattutto se si guarda alla rissa che si è scatenata su Facebook (moderna cassa di risonanza degli umori del Partito) dove un grande elettore di Melilli e coordinatore della segreteria Marco Di Stefano scrive di «imbroglio senza precedenti» e si incazza per l’azzeramento della segreteria. Intanto Nicola Zingaretti prende la distanza dalla zuffa affermando che il miglior modo di servire il suo partito è quello di governare bene la Regione. Ignazio Marino, che gioca a fare l’indipendente, se ne lava le mani affermando papale papale «Se ci sono anime che litigano è una loro responsabilità», ma sotto sotto briga per affermare come vice alla città metropolitana il suo candidato Giovanni Paris. Manovre, manovrine, pasticci e pasticcetti che sprofondano nell’oceanico ‘chi se ne frega’ degli elettori che in massa hanno fatto vincere Renzi alle Europee.
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