Mentre il sindaco Ignazio Marino rafforza la sua posizione di ‘terminator’ anti corruzione e di fatto procede al suo rimpasto di giunta con gli assessori della compagine iniziale che cadono come birilli (ben 5 assessori in 18 mesi), c’è chi a destra pensa alla sua successione.
STRATEGIE A DESTRA – Ovviamente per destra intendiamo quella vera, non quel centro/centro destra di Augello (anche lui ex AN oggi alfaniano) che vorrebbe proporre l’imprenditore Alfio Marchini. Il clima parrebbe favorevole (probabilmente solo nella testa di chi lo pensa) dopo la obiettiva debacle di un Pd oggi commissariato da Orfini e con Forza Italia ancora alla ricerca della sua identità perduta. La partita delle eventuali comunali anticipate non appare affatto semplice poiché un recente sondaggio Swg indica la completa disaffezione dei romani nei confronti della politica: “Sono tutti uguali” è la convinzione diffusa. Ma un volto nuovo ci vuole anche a destra, soprattutto nella convinzione che Ignazio si ripresenterà al voto più o meno anticipato.
GIORGIA MELONI – Così nel futuribile si lancia la quarantenne Giorgia Meloni, la ex passionale nera della Garbatella, che tanto giovane non è, nè tanto nuova alla politica. Anzi, nemmeno tanto nuova come candidatura visto che il suo nome circolava in alternativa ad Alemanno già prima della scorsa campagna elettorale. Berlusconi, che per lei si inventò un ministero nuovo di zecca (quello alla Gioventù), non avrebbe malvisto l’operazione, come dimostrò la fiacca distaccata con la quale l’ex cavaliere seguì la campagna elettorale di Gianni che per un certo periodo commise l’irreparabile errore di sostenere (sia pure a mezza voce). Nel frattempo Giorgia litiga con Gasparri e gli ex aennini sdraiati sulla linea delle larghe intese di Silvio. Così con La Russa e Crosetto si fa un partito nuovo di zecca: Fratelli D’Italia oggi accreditato dai sondaggi al 2% circa. Il nocciolo duro della nuova formazione sta tuttavia a Roma dove il capo indiscusso è ancora Fabio Rampelli, inventore della componente dei ‘gabbiani’ signore di almeno 30.000 preferenze a Roma e dintorni.
RAMPELLI – Un tempo amico di Alemanno e Storace, Rampelli (che ha militato prima nel Fronte della Gioventù e poi nell’Msi) insieme a Marco Marsilio crea la corrente dei “gabbiani” in vista delle lezioni comunali del 2008 da cui uscì vittorioso Alemanno con tanto di saluti Romani sulla scalinata del Campidoglio. Nella galassia della destra romana i maestosi volatili sono considerati tra i più moderati, ma anche fra i più conservatori. Sull’Espresso Fittipaldi ricordava che Rampelli è stato campione di nuoto, ma anche teorico dell’architettura, fra i primi a chiedere nel 2008 l’abbattimento del’ Ara Pacis e in prospettiva del palazzo di giustizia a Piazzale Clodio mentre immaginava un ‘arco di trionfo’ (per chi?) all’Eur. Sino alla sconfitta di Alemanno e della Polverini, Rampelli gestiva il suo gruppo con l’aiuto di Marsilio, l’ex assessore comunale ai Lavori pubblici Fabrizio Ghera e l’assessore regionale Francesco Lollobrigida, sposato con la sorella della Meloni. Ma piazzava anche molti uomini suoi nei cda delle municipalizzate fra quali ben due presidenti: Kappler a Risorse per Roma e l’ultimo presidente di Ama prima del cambio della guardia Benvenuti. Rampelli ha sempre contrattato anche duramente con l’ex sindaco talora schierandosi con Augello. Una ruggine che l’ha spesso portato a criticare Alemanno. Vino vecchio in botti nuove? Ora il gioco appare quello di ingabbiare, in una sorta di alleanza alla Le Pen, il giovane e rampante Matteo Salvini, ormai intenzionato a sbarcare anche a Roma con una sua lista che ha già raccolto proseliti fra i residuati della destra, non ultimo l’ex presidente dell’aula Giulio Cesare Pomarici che prima si era allocato con Alfano. Pare che Rampelli, almeno a parole, non sia molto convinto dell’operazione che la pupilla di Fini caldeggia, perché vorrebbe un rinnovamento radicale di uomini a scapito dell’Inner circe di Giorgia. Condizione imprescindibile per convincere Matteo Salvini a saldare la storica alleanza. Insomma, una possibilità ancora tutta da trattare sempre che il lumbard, ormai anche lui convertito ad una sorta di Partito della Nazione, abbozzi e prenda per nuovo di pacca ciò che invece puzza di vecchia destra capitolina.
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