I numeri parlano chiaro, Roma gode di una autonomia nello smaltimento dei rifiuti solo del 13% il che significa che il restante 87% viene esportato per venir bruciato al Nord e in prospettiva anche all’estero. La salvezza indicata da Ignazio Marino e dal presidente di Ama Daniele Fortini saranno le isole ecologiche, discariche protette che raccoglieranno materiale differenziato utile al riciclo e che verranno realizzate nell’arco di 10 anni. Non è chiara invece la sorte dell’umido (sia pur essiccato e che si dice verrà adibito a usi edili e agricoli) e del percolato liquido, ma siamo certi che il problema sarà di facile soluzione.
I COSTI– Nel frattempo i romani spendono per i rifiuti almeno il triplo di Milano. La strategia dei vertici capitolini è chiara: no ai termovalorizzatori almeno nell’area di Roma. Questi impianti non sono sicuri, sono superati, non risolvono i problemi dice Fortini, che sino a pochi mesi fa, quando dirigeva l’Ama di Napoli (Asia) si batteva perché venisse dato il via all’inceneritore di Ponticelli . Della stessa opinione il sindaco che non è un cultore della materia ma che è pronto a sposare ogni rivoluzione, anche quella ecologista. Quindi niente bruciatori nell’area di Roma ma fuori…se pò vedè. Eh si, perché poi alla fine riciccia sempre il vecchio termovalorizzotore di Colleferro contestato sin dal 1999, data della sua costruzione.
I NUOVI AMBIENTALISTI – Una battaglia che fu il fiore all’occhiello dell’ambientalismo locale e non solo, ma che non riuscì a contrastare questo progetto industriale sul quale, volenti o nolenti, si fonda ancora parte dello smaltimento di cdr laziale. Succede allora, come riferisce stamane Repubblica, che la sinergia fra Ama e Acea voluta dal sindaco che da poco ne ha imposto i suoi nomi ai vertici, potrebbe realizzarsi proprio su quelle due linee di termocombustione e produzione di energia oggi piuttosto malandate. Infatti Acea produce energia e profitti, Ama debiti anche se Marino ogni tanto agita il bastone di una improbabile privatizzazione mentre si appresta a rinnovarne il contratto di servizio per 10/15 anni.
L’AFFARE COLLEFERRO – Dal 2011 l’impianto di Colleferro è di proprietà di Lazio Ambiente società regionale appositamente costituita per salvare dai guai i 1100 dipendenti del Consorzio Gaia già commissariato e sull’orlo del fallimento ma che ha consentito agli impianti di Colleferro di continuare a bruciare a pagamento il rifiuto trattato. Alla Regione l’operazione costò 50 milioni. Ora si scopre che Ama, ma soprattutto Acea, potrebbero prendere possesso di quegli impianti e rinnovarli con investimenti importanti. Che la Regione sia disponibile alla cessione lo confermerebbe l’assessore regionale Civita. Che ad Acea vada bene l’operazione lo si deduce dal fatto che la multiutility già smaltisce 200 tonnellate anno di cdr nelle sue 3 linee di incenerimento di san Vittore.Ma se l’operazione in sè sembra piuttosto facile e di nessun costo ambientale per una Capitale sempre più ecologica, tocca vedere quanto rifiuto romano potrebbe essere bruciato nelle due località sede dei termovalorizzatori. Infatti si dà il caso che nel Lazio oltre alla Capitale vi siano altre città che ad esempio conferiscono ancora i loro rifiuti nella discarica di Colle Fagiolara sempre a Colleferro, per vocazione ormai distretto industriale della sola monnezza. Il dott. Fortini ricorderà che nel pieno della crisi dei rifiuti di Napoli per un certo periodo una parte delle montagne di Cdr accumulate nel poco ridente distretto partenopeo vennero indirizzate a Colleferro prima che si arrivasse a far funzionare il bruciatore di Acerra, male minore in quelle contrade disastrate dall’abuso e dal malaffare ambientale.
IL DISTRETTO IN PROVINCIA – Una cosa tuttavia i colleferrini debbono pur saperla: se si potenzieranno gli impianti di Colle Sughero non potrà che aumentare la quantità di rifiuti da smaltire. Con tutti gli accorgimenti tecnologici più avanzati per carità, ma con una file di camion sempre più lunghe che di notte varcheranno i cancelli di quegli impianti. Nel frattempo il gassificatore del perfido Cerroni a Malagrotta rimane inattivo. Per ora non se ne parla ma appena arriverà il via libera dalla Regione Lazio, il tema tornerà a farsi caldo. L’impianto nato per trasformare in energia elettrica il cdr prodotto dai due tmb del gruppo Cerroni è fermo da due anni dopo lo stop alla prima linea sperimentale su un progetto che ne prevedeva due. Per Fortini questo impianto non ha senso perché questa tecnologia non si è affermata in Europa ma solo in Giappone, costosa, delicata e consuma più energia di quanta non se ne produca. Col solo vantaggio delle scorie vetrificate. E poi lì vicino, a Ponte Malmone, si prevede la costruzione di un’isola ecologica a sicura prova di inquinamento. Quel gassificatore potrebbe quindi rimanere un cattedrale nel deserto della Valle Galeria a futura memoria delle malefatte (ancora tutte da dimostrare nel processo) del re dei rifiuti Manlio Cerroni che avrebbe buttato milioni nell’impresa. Nel frattempo si può tranquillamente continuare a inquinare Colleferro, tanto lì ci sono abituati.
LA PRECISAZIONE/RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
In merito all’articolo di stampa, apparso su sito web del 15 luglio u.s., dal titolo: “Ama e Acea pronte a potenziare i termovalorizzatori di Colleferro”, a firma di Giuliano Longo, si precisa che Lazio Ambiente S.p.A., unica società regionale che opera nel settore dei rifiuti, a capitale interamente pubblico, è entrata in possesso degli asset aziendali di Consorzio Gaia S.p.A., tra cui gli impianti di termovalorizzazione, il 1° agosto 2013 e non, come scritto nel suddetto articolo, “dal 2011”.
Si precisa inoltre che i dipendenti passati da Consorzio Gaia S.p.A. a Lazio Ambiente S.p.A. non erano “1100”, come erroneamente riportato, ma 469, di cui 27 posti in cassa integrazione dalla società cedente e rientrati nei ranghi aziendali della Società acquirente nel dicembre 2013.
Infine, circa il costo dell’operazione di acquisizione dei complessi aziendali di Consorzio Gaia da parte della Regione Lazio, si fa presente che tale operazione è costata circa 14 milioni di euro e non “50” come diversamente riportato nell’articolo in questione.
L’AMMINISTRATORE UNICO
(dott. Vincenzo Conte)
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