Regione Lazio, Corte dei Conti boccia sprechi e rimpalli di responsabilità

La consueta relazione annuale torna a battere su sprechi e corruzione. L'obiettivo resta l'equilibrio tra domanda crescente e riduzione dei costi

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La relazione annuale Corte dei Conti del Lazio è, come ogni anno, una sorta di bollettino delle macerie che la mala gestione pubblica lascia dietro di se. Ne ha parlato con la sua relazione il presidente Ivan De Musso. Ovviamente il settore regionale più sensibile è quello della Sanità nella quale si sta tentando di «coniugare la crescente domanda di prestazioni sanitarie con l’esigenza del contenimento dei costi.» Qui gli amministratori di Asl, direttori generali, direttori sanitari e  direttori amministrativi, che «dovrebbero congiuntamente operare per l’efficiente funzionamento delle strutture sanitarie, cercando di contenerne i costi» hanno invece cercato di eludere le loro responsabilità nello sperpero di denaro pubblico «connesso a prestazioni sanitarie non adeguatamente rese o ad acquisti di apparecchiature sanitarie non utilizzate» rimpallandosi le responsabilità.

LE PAROLE DI DE MUSSO – De Musso ha spiegato  che i soggetti chiamati a rispondere di questo tipo di responsabilità in tutto il settore pubblico e non solo nella Sanità «sapendo di dovere rispondere in genere solo di colpa grave, pensano di poterla fare escludere…dimostrando di avere portato a conoscenza di altre figure di vertice amministrativo le difficoltà di gestione alle quali nè gli uni nè gli altri danno poi un’adeguata soluzione.» Se dalla Sanità si passa agli appalti sono ormai ricorrenti una serie di gravi irregolarità. Si va dal rilascio dalla concessione a costruire senza il parere paesaggistico della Sovrintendenza per poi dover sospendere o abbandonare i lavori, sino alla mancanza di diligenza del direttore dei lavori nella tenuta della contabilità che comporta poi «domande e riserve dell’appaltatore non formalmente o tempestivamente contestate.» C’è anche la mala gestione dei contributi comunitari dove si va «dalla falsificazione delle domande di accesso ai corsi di formazione per ottenere il finanziamento, alla irregolarità delle firme di presenza degli allievi» sino all’erogazione di somme per opere mai realizzate. Mancano i controlli intermedi e finali «con i quali sarebbe agevole fare emergere tempestivamente il mancato raggiungimento dello scopo programmato, spesso affidato a società fittizie che fanno perdere le loro tracce dopo avere ottenuto tutto o parte dei finanziamenti.»

CORRUZIONE E MAFIA CAPITALE – De Musso ha poi affrontato il tema della corruzione. «Mafia Capitale – ha detto il presidente- è solo ultimo capitolo della questione morale»  alla quale è stata data risposta con l’apertura di sei inchieste per danno erariale, ma «il profilo più amaro delle istruttorie verrà certamente riservato al capitolo sul danno di immagine che si aprirà, a seguito delle eventuali condanne penali per gli illeciti perpetrati in pregiudizio della cosa pubblica.» Tuttavia, ha aggiunto «non sentiamo di iscriverci nella lista di quelli che scoprono solo ora che la Capitale d’Italia è il cimitero delle opere incompiute e che dietro la farraginosità e la doppiezza dei procedimenti amministrativi si trova l’acqua di coltura per illiceità di ogni tipo. Ma le sacrosante preoccupazioni di tutti non possono emergere soltanto dall’incremento degli illeciti penali contemplati nei reati contro la Pubblica amministrazione.» Che è un pò come dire: è inutile agitarsi tanto quando intervengono le procure dimenticando che il fenomeno della corruzione alligna cronicamente nella pubblica amministrazione.

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