Regione Lazio, le imprese fanno fatica: cala anche l’export

Secondo Federlazio nel secondo semestre del 2014 i dati su ordinativi e fatturato delle Piccole e medie imprese del Lazio sono tutti negativi

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La crisi non è finita, anzi. Secondo Federlazio nel secondo semestre del 2014 i dati su ordinativi e fatturato delle Piccole e medie imprese del Lazio sono tutti negativi, e le previsioni per i primi sei mesi del 2015 non migliorano. E’ quanto emerge dall’indagine congiunturale effettuata su un campione di 350 imprese associate e presentata oggi dal presidente, Silvio Rossignoli, alla presenza dell’assessore regionale allo Sviluppo economico, Guido Fabiani.

Nel corso del secondo semestre 2014 il saldo di opinioni sull’andamento degli ordinativi ricevuti dal mercato nazionale è un po’ più negativo rispetto al precedente semestre (da -24 a -27). Peggiorano anche gli ordinativi dall’estero: il saldo di opinioni dal mercato Extra Ue passa da +17 a +4, mentre quello dall’Ue peggiora addirittura di 20 punti (da +27 a +7). Per quanto riguarda il fatturato, nel II semestre 2014 il saldo di opinioni registrato sul mercato domestico, sempre negativo, peggiora di 10 punti passando da -24 a -34. Stesso andamento per l”estero: il saldo di opinioni dal mercato UE passa da +24 a +1, mentre quello dal mercato Extra UE passa da positivo a negativo (da +23 a -1). In calo anche la produzione: da -19 a -22. Alla richiesta di indicare la presenza o meno di investimenti, il 27,3% delle imprese ha dichiarato di averne effettuati nel II semestre 2014, percentuale in diminuzione rispetto al semestre precedente (29,8%).

Sul fronte dell’occupazione, nel II semestre la percentuale di imprese che l’hanno aumentata si contrae passando dal 12,4% al 10,4%. Si riduce anche la percentuale delle imprese che ha dichiarato di aver ridotto gli organici (dal 18,2% al 17,4%). Ne consegue che il saldo di opinioni sull”occupazione, negativo, peggiora lievemente (di un punto) passando da -6 a -7. L’indagine Federlazio ha rilevato anche le previsioni a breve sui prossimi sei mesi dalle quali emerge che, per quanto concerne gli ordinativi, il saldo peggiora di 5 punti (da -2 a -7). Situazione analoga per le previsioni sugli ordinativi sia dal mercato Ue (da +21 a +8), sia da quello Extra Ue (da +12 a +4). Riguardo le previsioni sull’occupazione per il I semestre 2015, il saldo atteso migliora di 9 punti passando da -17 a -8.

Aumenta anche la percentuale di imprese che ha manifestato l’intenzione di fare investimenti nella prima parte del 2015, ora pari al 29,9% rispetto al precedente 24,2%. Riguardo invece un giudizio su come stia evolvendo la crisi, dalle risposte continua a prevalere un complessivo pessimismo delle imprese, nonostante si registri una lievissima attenuazione. In particolare, se la percentuale delle imprese che hanno dichiarato che “al momento non si intravede alcuna via di uscita” è in crescita (dal 55,6% al 58,2%), la percentuale di coloro che hanno affermato che “il peggio deve ancora venire” scende dal 9,7% di sei mesi fa al 6,8% di oggi. In timido aumento la percentuale di imprese tendenzialmente più ottimiste per le quali “si incomincia ad intravedere una luce in fondo al tunnel” (dal 34,6% al 35,0%).

Le imprese che ritengono di correre seri rischi di chiusura entro i prossimi sei mesi diminuiscono rispetto al semestre scorso (14,7% contro 16,3%), parimenti quelle che hanno risposto negativamente sono passate dall”83,7% all’85,3%. Riguardo quali azioni le imprese intendano porre in essere al proprio interno per contrastare la crisi, al primo posto le imprese anche questo semestre hanno indicato il “taglio dei costi di gestione”, percentuale in aumento dal 23,8% al 25,6%, mentre si attenua quella relativa alla “creazione di nuovi prodotti e servizi” (dal 20,8 al 19,8%). In crescita il “miglioramento della qualità del prodotto/servizio” (da 14,6 a 16,9%), mentre si attenua l’importanza attribuita alle attività “rivolte sui mercati oltre confine” (da 13,5% a 11,2%). La percentuale di imprese che ha indicato “riduzione del personale” scende dall’8,8% al 7,9%.

Alla domanda su cosa renda la loro attività meno competitiva qui in Italia rispetto a quella dei propri concorrenti, le imprese anche questo semestre hanno indicato al primo posto la “pressione fiscale” (da 27,6 a 31,6%), seguita dal “costo del lavoro” (da 23,8 a 23,7%) e dalla “complessità normativa e burocratica” (dal 19,3 a 18,2%). Infine, alle imprese del campione è stato chiesto di indicare quale azione il Governo regionale dovrebbe mettere al primo posto per uscire dalla crisi. Anche per questo semestre al primo posto viene indicata nettamente la “riduzione delle tasse su impresa e lavoro” con il 72% e in aumento rispetto al precedente 64,0%. Di conseguenza le altre azioni hanno percentuali quasi irrilevanti e peraltro in diminuzione (eliminare sprechi Pa: 5,1%; agevolare credito: 5,1%; semplificare burocrazia Pa: 5,1%; combattere evasione fiscale: 4,2%.)

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