Incidentalità e mobilità ciclistica

"Zone 30" prioritarie anche rispetto alle piste ciclabili

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logo_CEREMS_def_2Il CEREMSS Centro Regionale di Monitoraggio della Sicurezza Stradale del Lazio, per gli obiettivi di monitorare l’andamento dell’incidentalità sul territorio; valutare tramite indicatori adeguati l’efficacia delle politiche e dei progetti per il miglioramento delle infrastrutture stradali; utilizzare il quadro conoscitivo per trarre indicazioni per il miglioramento della programmazione dei lavori; divulgare le conoscenze relative alla Sicurezza Stradale, svolge funzioni di coordinamento e supporto nonché funzioni tecnico-operative e di documentazione. Oltre alla divulgazione di dati, quest’ultima funzione si propone la costituzione di una biblioteca on line e la raccolta e diffusione di buone pratiche nazionali e internazionali sulla Sicurezza Stradale.

Tra le informazioni in materia, la mortalità stradale nell’Unione Europea indica chiaramente due velocità: negli ultimi 10 anni il numero delle vittime tra gli automobilisti si è dimezzato (-53%), mentre per pedoni e ciclisti il calo si è fermato rispettivamente al 41% e al 37%. In totale, nel 2013, sulle strade europee hanno perso la vita 7.600 persone tra pedoni e ciclisti, quasi un terzo di tutte le vittime degli incidenti (21% pedoni e 8% ciclisti). Tra i Paesi più virtuosi Lettonia, Lituania e Slovacchia, che nel periodo 2003-2013 hanno ottenuto i migliori tassi annui di riduzione della mortalità per entrambe le categorie di utenti vulnerabili (-12,4% per i pedoni e -9,8% per i ciclisti in Lettonia; -10,7% pedoni e -15,4% ciclisti in Lituania e -12% pedoni e -14,3% ciclisti in Slovacchia).

In Italia la diminuzione delle vittime registra -4,3% l’anno per i pedoni e del -2,8% per i ciclisti, rispetto ad una media europea rispettivamente del -5,5% e del -5,2%. Ad indicare questi dati è il report pubblicato nell’ambito del programma Road Safety Performancelogo_25000vite_3 Index (PIN) dall’European Transport Safety Council (ETSC), organizzazione non-profit indipendente. I Paesi con i tassi di mortalità più bassi sono Spagna, Grecia, Irlanda, Israele, Gran Bretagna e Cipro, con meno di 2 ciclisti morti per milione di abitanti, mentre Serbia, Lituania, Olanda, Polonia e Ungheria chiudono la classifica con almeno 8 vittime tra i ciclisti per milione di abitanti. La mortalità dei ciclisti supera seppur di poco la media europea (4,6 decessi per milione di abitanti, contro una media UE di 4,2). Risultano invece apprezzabili i livelli di sicurezza rilevati in Italia per i pedoni (9,6 decessi per milione di abitanti, contro una media UE di 11,7) anche se peggiori rispetto ai Paesi occidentali più simili a noi (Francia, Gran Bretagna, Germania ecc.).

I provvedimenti che la ETSC porta avanti per migliorare la sicurezza di chi si muove a piedi o in bicicletta, sono realizzabili in occasione dell’imminente revisione delle norme comunitarie sui requisiti tecnici degli autoveicoli commercializzati in Europa. Tra gli obiettivi da raggiungere c’è quello di ‘ampliare e rendere più severi i test sulla protezione dei pedoni’, obiettivi che sono parte integrante del processo di approvazione dei nuovi veicoli introdotti sul mercato UE, prendendo in considerazione anche la sicurezza dei ciclisti; favorire la ‘diffusione di serie su tutte le nuove autovetture del sistema di assistenza intelligente alla velocità’ (Intelligent Speed Assistance) e del sistema automatico di frenata d’emergenza (Automated Emergency Braking), in grado di aiutare il conducente nel rispetto dei limiti di velocità e nella prevenzione gli incidenti con un intervento automatico sui freni in caso di rischio di collisione. Gli esperti di ETSC raccomandano l’introduzione del limite di velocità ristretto a 30 km, denominato Zone 30 km/h nelle aree residenziali e in quelle più utilizzate da pedoni e ciclisti, come sta già avvenendo in molti Paesi. Un’efficace pianificazione urbana deve fondarsi su una gerarchia degli utenti della strada in cui pedoni, ciclisti e trasporto pubblico abbiano la priorità.

park bici_astralNonostante i benefici per la salute e per l’ambiente chi sceglie di spostarsi a piedi o in bicicletta non ottiene ancora efficaci miglioramenti in termini di sicurezza stradale. Dai dati della FIAB Federazione Italiana Amici della Bicicletta, nell’analisi della localizzazione degli incidenti a ciclisti risulta che il 90% degli incidenti avviene in area urbana, in città il 60% degli incidenti si verifica in corrispondenza di intersezioni e incroci, mentre in ambito extraurbano è vero il contrario: solo il 10% si verifica nelle intersezioni, negli incidenti agli incroci circa metà avvengono a incroci segnalati e il rimanente a quelli non segnalati. Un dato importante è che nelle ‘Zone 30’, il numero degli incidenti gravi è irrilevante. Leggendo da vicino i dati riscontriamo che meno del 15% degli incidenti accade al ciclista da solo; di questi il 90% è in ambito urbano. Gli incidenti da solo avvengono per caduta, fuoriuscita o urto contro veicolo. La frazione di incidenti a pedoni causati da ciclisti è l’1,3%; i morti rappresentano lo 0,3%. L’80% degli incidenti a ciclisti ed il 70% di quelli letali è causato da autovetture. Quasi il 90% degli incidenti avviene con veicolo in marcia e di questi l’80% è laterale o fronto-laterale, per quanto riguarda l’età la distribuzione degli incidenti vede una netta prevalenza della fascia di età 25-50, ma gli incidenti gravi (mortali) interessano maggiormente gli anziani di più di 70 anni, mentre sono rari i casi sotto i 13 anni. Per quanto riguarda il sesso sia gli incidenti minori che quelli mortali vedono un rapporto 2:1 tra uomini e donne. Vediamo da vicino i rischi del ciclista: essere investiti a 30 km/h equivale ad una caduta dal 1 piano con una probabilità di morte del 10%, se si rimane coinvolti in un impatto a 50km/h equivale ad una caduta dal 3 piano e la probabilità di morte sale al 50%, mentre quest’ultima sale al 90% se si è investiti ad una velocità di 70km/h, queste precise proporzioni derivano dal calcolo del rapporto tra lo spazio e il tempo di frenata che varia se l’asfalto è asciutto oppure bagnato. Lo spazio/tempo di frenata su fondo asciutto richiede 2,4 secondi per frenare alla distanza di 14 metri, 3,4 secondi per la distanza di 30 metri e 4,3 secondi per la distanza di 52 metri. Le proporzioni aumentano se il fondo è bagnato: per fermare il veicolo occorrono 3,1 secondi e 17 metri, 4,5 secondi e 38 metri e 6 secondi e 68 metri di distanza. I risultati dei dati Istat del 2013 riportano che a Milano le biciclette coinvolte sono 1.176 su 17.748 su scala nazionale (il 6,7%) mentre le vittime sono 5 su 251 (l’1,9%), ovvero alta incidentalità, per mancanza di politiche adeguate di mobilità sostenibile, ma bassa pericolosità per l’aumento dei ciclisti stessi.

A Roma, gli incidenti ai ciclisti sono l’1,3% sul totale nazionale, ma quelli mortali sono ben l’8%, quindi bassa incidentalità, ma alta pericolosità. A Bologna, gli incidenti, in rapporto alla popolazione, sono stati la metà di quelli di Milano, mentre l’indice di mortalità è lo stesso, 2 morti nel 2013: bassa incidentalità, bassa pericolosità. Occorre interrogarsi sulla natura del rapporto tra mobilità ciclistica e sicurezza stradale e se esiste realmente una correlazione tra ciclabilità e riduzione dell’incidentalità. Lo statunitense Jacobsen Inj Prevlo lo ha fatto ed ha calcolato che raddoppiando i ciclisti il rischio per km si riduce del 34% mentre se questi si dimezzano il rischio aumenta del 52%.

Il concetto innovativo di ‘mobilità sicura’ è un impegno che tutti gli utenti della strada devono assumersi: automobilisti, conducenti, pedoni e ciclisti, ciascuno con la propria parte con responsabilità e consapevolezza. La bicicletta migliora la qualità della vita: non inquina, aumenta la sicurezza stradale, migliora la gestione del traffico, è un mezzo accessibile e socialmente equo. Incrementarne l’uso nel sistema di trasporto significa renderlo più sostenibile. Il progetto SpiCycles della Commissione Europea effettuato dal 2006 al 2008 ha dimostrato come un insieme di misure possano contribuire ad aumentare l’utilizzo di questo mezzo. Le città interessate erano 6: Barcellona, Berlino, Bucarest, Göteborg, Ploiesti e Roma. Il progetto si è rivolto ad amministrazioni municipali, imprese e manager delle infrastrutture del trasporto pubblico, imprese che affittano biciclette, ciclisti e loro associazioni, cittadini che non usano questo mezzo per i loro spostamenti. Le attività svolte hanno progettato, pianificato e implementato il Bike-sharing, trasferendo i principi del car-sharing alla bicicletta e hanno inserito e integrato nell’ampia e generale pianificazione dei trasporti il “modo bicicletta” per fornire adeguate infrastrutture attraverso la creazione di partnership locali per coinvolgere gli interessati nel processo di pianificazione da parte delle autorità municipali. Nelle città partecipanti al progetto c’è stata in generale una crescita dell’utilizzo della bicicletta come mezzo di trasporto. L’ostacolo che quotidianamente può scoraggiare il “modo bicicletta” è risultato essere l’‘urban sprawl’, la cosiddetta marmellata edilizia, ossia la città spalmata a perdita d’occhio, e una conformazione collinare.

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