S. Eugenio, medici e infermieri a confronto sul trattamento del tumore al seno

Al convegno esperti dei maggiori centri romani specializzati nel trattamento della patologia

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Per il trattamento di primo tumore alla mammella il S. Eugenio punta a inserirsi tra le strutture di eccellenza del sistema sanitario regionale. L’ambizione è supportata dai numeri: ottantatré interventi per primo tumore alla mammella nel 2013, 189 nel 2015 e, dai primi dati di quest’anno, si preannuncia un ulteriore aumento di un terzo durante il 2016. In base a questi dati, la senologia del S. Eugenio (ex asl Roma C), grazie anche a interventi di ristrutturazione e investimenti nella diagnostica, è uno dei pochi centri italiani di screening a disporre dei nuovi mammografi in 3D (tomosintesi) in grado di rilevare fino al 40% in più dei carcinomi mammari.

IL CONVEGNO – Come già fatto da 150 medici sabato 6 febbraio, altrettanti infermieri faranno il punto della situazione domani, lunedì 8, nel corso del convegno “Attualità e controversie in senologia”, organizzato dalle strutture dell’ospedale presso l’Aula Montalcini nel complesso del S. Eugenio in piazzale dell’Umanesimo. L’iniziativa nasce come momento di confronto fra esperti dei maggiori centri romani specializzati nel trattamento della patologia: il S. Filippo Neri, il S. Giovanni Addolorata, il Campus biomedico, il policlinico di Tor Vergata, lo stesso S. Eugenio ed il S. Pertini (ora presidi ospedalieri della neonata Asl Roma 2). La prima giornata di lavori, dalle 8 alle 16.30, è dedicata ai medici, mentre la seconda è specifica per il personale infermieristico e per i tecnici di laboratorio e radiologia.

I NUMERI – La mortalità da tumore della mammella è diminuita del 30% negli ultimi 25 anni ma, nonostante questo dato estremamente positivo, la neoplasia rimane la prima causa di morte fra le donne con oltre un milione di nuovi casi diagnosticati nel mondo ogni anno, dei quali 350 mila in Europa. Oggi in Italia vivono 692.955 donne che hanno avuto un tumore al seno, di queste circa 2 terzi si sono lasciate la malattia alle spalle perché sono passati almeno 5 anni dalla diagnosi. Inoltre è migliorata anche la sopravvivenza nelle pazienti con malattia allo stadio avanzato.

NUOVE SOLUZIONI – Per nessun altro tumore solido si è assistito a una simile rivoluzione nella diagnosi e nella terapia. nonostante ciò, alcune donne non ce la fanno e per questo occorre ottimizzare i trattamenti disponibili e individuare nuove soluzioni. “Il futuro – dicono i medici del S. Eugenio – cammina verso una terapia personalizzata che colpisca la neoplasia di quello specifico paziente e quindi occorre affinare la ricerca sui marcatori biologici così da trattare solo chi ha maggiori possibilità di rispondere. Le pazienti verranno quindi sempre più curate in centri ad alta specializzazione e da personale dedicato. Ciò si traduce in un aumento delle terapie conservative e nell’uso appropriato di quelle specifiche complementari”.

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