La bozza del decreto governativo che dopo il via libera della Conferenza Stato Regioni verrà presto emanato prevede la costruzione di 8 impianti di incenerimento, di cui tre nella macroarea del centro, due al Sud, uno in Sardegna e due in Sicilia. Il Lazio, già oggetto di una condanna da parte della Corte di Giustizia Europea per non aver creato una rete integrata ed adeguata di impianti di gestione dei rifiuti, dovrà così disporre di un altro impianto di incenerimento della capacità di 210mila tonnellate anno, oltre quelli già esistenti di Colleferro, S. Vittore e Malagrotta temporaneamente bloccato. Immediata la reazione della Regione Lazio che con il neo assessore ai rifiuti Buschini (vedi link)
ha messo le mani avanti affermando che la raccolta differenziata rende inutile l’attivazione di un altro impianto. Tuttavia il decreto dà obiettivamente fiato a chi, come l’ex consigliere regionale Donato Robilotta, ha sempre sostenuto la politica dei termovalorizzatori. A suo favore giocano le migliaia di tonnellate di CDR (rifiuti trattati) che partono da Roma per venir bruciati all’estero o nel Nord Italia. Fatto che secondo Robilotta «comporta non solo un danno ambientale notevole, con i rifiuti “tal quale” trasportati in giro, ma soprattutto un aumento dei costi che vengono scaricati sulle spalle dei cittadini utenti con l’aumento della tariffa rifiuti».
D’altra parte la “monnezza” non si potrà mandare all’estero né fuori Regione all’infinito proprio per la sentenza europea che recita «ogni Regione dotata di un piano regionale dei rifiuti dovrà garantire, in linea di principio, il trattamento e lo smaltimento dei propri rifiuti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti.» Con tutte le evidenti conseguenze per Roma e il Lazio che per ora hanno impianti di smaltimento per termocombustione insufficienti.
Poi ci sono i numeri a pesare, citati da Robilotta e contestati dall’assessore Buschini. Il Lazio secondo i dati Ispra del 2014 produce 3milioni 82mila 372 tonnellate di rifiuti urbani. Calcolando a regime una raccolta differenziata al 65%, (oggi sotto il 35% nel Lazio) restano 879mila382 tonnellate da smaltire. Ad oggi nella regione funzionano solo gli impianti di Colleferro e S. Vittore, con una capacità complessiva di incenerimento di 384mila480 tonnellate.
Calcolando gli impianti di incenerimento autorizzati, ma non ancora in esercizio, come le due linee dell’impianto Colari di Malagrotta, con una capacità di trattamento pari a 182mila500 tonnellate, e un’altra linea a S.Vittore, pari a 98mila750 tonnellate, si arriva – sempre secondo la bozza del decreto governativo – ad una capacità di trattamento complessivo di 665mila730, con un deficit di smaltimento pari 213mila652 tonnellate. Senza contare che, secondo Robilotta, servirebbe anche «una discarica di servizio per gli scarti di lavorazione e per le emergenze che hanno tutte le città del mondo compresa, la tanto citata (da Ignazio Marino, ndr) San Francisco.»
La Regione la sua scelta l’ha fatta ed è un no secco ai bruciatori. Linea sulla quale è sdraiato anche l’ad di Ama Fortini il quale il 12 luglio del 2013 quando governava l’Asia di Napoli, spiegava in Federambiente: «Noi abbiamo città sporche e inquinate, al limite del collasso come nel caso di Napoli, spendiamo un mare di soldi per esportare spazzatura, mentre gli olandesi vivono in città pulite e grazie alla conversione dei rifiuti (termovalorizzatori ndr) risparmiano quattrini che poi vengono destinati ai servizi pubblici. E la differenza sta nel fatto che loro hanno gli impianti, noi l’immondizia che non sappiamo dove piazzare». Insomma, Fortini sull’immondizia ci ha scritto libri, tenuto convegni e simposi. Un esperto di tale importanza avrà pure il diritto di cambiare idea in pochi anni.
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