Ha “aderito” all'iniziativa illecita delle scommesse “solo per la passione che mi legava alla mia squadra e la speranza di poterla portare all'obiettivo di quella stagione”. Così l'ex capitano dell'Atalanta, Cristiano Doni, si è giustificato durante il suo interrogatorio di garanzia.
“Io per l'Atalanta ho sempre giocato – ha raccontato Doni al Gip Guido Salvini e al procuratore della Repubblica Roberto Di Martino nell'interrogatorio di garanzia di venerdì scorso – e non ho guadagnato nulla dai fatti che ho raccontato”. Nel corso dell'atto istruttorio, Doni ha affermato di essere stato avvicinato per truccare la gara Ascoli-Atalanta dello scorso campionato, ma di non avere voluto incontrare l'ascolano Micolucci, e ha aggiunto di non avere avuto la sensazione di una particolare arrendevolezza da parte dell'Ascoli nel corso della partita durante la quale, tra l'altro, era in panchina. Il calciatore ha quindi confermato, di fatto, la manipolazione di Atalanta-Piacenza, ma precisando: “io non avuto alcuna parte in guadagno o vicende simili attinenti a scommesse su questo risultato».
Una linea difensiva portata avanti anche da Salvatore Pino, legale dell'ex capitano dell'Atalanta: “dal punto di vista umano credo che tutto sia partito dalla retrocessione della squadra in B e dal desiderio di riportarla su. Gli si è paventata la possibilità di ottenere risultati facili. Poi indubbiamente delle scommesse ci sono state. Ma sotto il profilo umano, ha specificato che mai nella vita si sarebbe sognato di vendere una partita contro la sua squadra”.