Giovedì 19 maggio alle ore 21 al Teatro Italia di via Bari la “compagnia quasi stabile” di vernacolo giudaico romanesco mette in scena . Un talk con Cecilia Angrisano (giudice presso il tribunale per i minorenni di L’Aquila), Benedetto Carucci Viterbi (preside delle scuole ebraiche di Roma) e Gianni Dattilo (psicoterapeuta).
La prima idea della “Compagnia quasi stabile” che, da anni, mette in scena piece in dialetto giudaico-romanesco, è venuta al professore Alberto Pavoncello quando era ancora in piena attività lavorativa e si scontrava quotidianamente con le difficoltà dei ragazzi in età evolutiva e con quelle delle loro famiglie, non sempre pienamente consapevoli e preparate. In quest’ottica sono state messe in scena, negli anni, un gran numero di commedie in vernacolo che hanno sempre incontrato una notevole partecipazione di pubblico di varia estrazione, sicuro di “andarsi a divertire” ritrovando sul palcoscenico le proprie storie e, addirittura, le proprie battute, quelle che permettono una immediata identificazione.
Si è andato avanti così per moltissimi anni, rappresentazione dopo rappresentazione, fino a quando, un paio di anni or sono, si è pensato ad un vero e proprio format capace di porre argomenti specifici al centro della narrazione, argomenti di scottante attualità.
Sempre la stessa scena, una famiglia “articolata” composta dalla classica famiglia patriarcale attorniata da parenti e semplici vicini, il tutto osservato dal portiere dello stabile che spesso è la figura di raccordo tra le varie realtà.
Tra i personaggi troviamo Er Sor Anselmo, il patriarca della famiglia, con il buon senso di una volta; Sarina, sua moglie, donna di casa, custode delle tradizioni culinarie; Alberto, il figlio che ha studiato e che oggi è avvocato; Emma la figlia che si tiene aggiornata sui social; David, suo marito, che fa il “peromante”. E poi i loro due figli: Maicol, che vive in Israele, e Asher, appena adolescente. Zio Peppe, il fratello muto della signora Sara che ha una funzione ben specifica: quella di alleggerire le tensioni in famiglia.
Al piano superiore vivono i parenti stretti: Celeste, la sorella del capofamiglia, rimasta vedova e i due figli di lei che compaiono a tratti. Nello stabile vive anche una famiglia cattolica, che si occupa di organizzazione di eventi, composta da madre, padre, e una figlia che fa il praticantato presso lo studio di Alberto.
La prima rappresentazione aveva toccato il tema dei social network e in particolare aveva bonariamente preso in giro le dipendenze da Facebook, dai Food Maniac e dagli acquisti on line.
La seconda aveva affrontato il tema del bullismo di cui era rimasto vittima il nipote più piccolo chiamato “er Zagaja” dai compagni di scuola che lo sopponevano ad angherie continue, facendo leva proprio su un piccolo difetto che era stato ingigantito dalla crudeltà dei ragazzi ognuno preda delle proprie personali insicurezze.
La terza proposta ha riguardato il tema del matrimonio misto e della Alyah, il ritorno alla terra di Israele che si inserisce nelle varie diaspore cui si assiste oggi con sgomento e che ha messo in discussione concetti come l’appartenenza, la speranza in un mondo più accogliente…
La rappresentazione di giovedì, cui farà seguito l’intervento del pubblico, tocca un tema di scottante attualità anche per l’etica ebraica.
Lucignolo