Valerio Cleri è un talento cresciuto in una piscina di provincia e che poi ha preso il largo, in tutti i sensi. E’ passato da Palestrina a Roma, dalle gare in vasca, dove tuttora continua però ad allenarsi (è tesserato con il Circolo Canottieri Aniene e con il Cs Esercito), a quelle di fondo in acque libere, quindi in mare o nei laghi. Gare più lunghe in cui servono resistenza fisica e mentale, e più insidiose dove non c’è una corsia a delimitare il tuo spazio, ma ti ritrovi con l’avversario a stretto contatto. Ha preso il largo anche nel senso di un palmares, che conta 16 ori, 5 argenti e 14 bronzi ai campionati italiani, due ori e due argenti mondiali, due ori e un argento europei.
Trova nuovi stimoli per andare avanti e migliorarsi ogni volta più dopo una delusione o dopo una vittoria?
«La motivazione più importante è che mi piace nuotare e mettermi alla prova. Ho imparato che non bisogna mai dare nulla per scontato. Si fanno i conti con delle priorità, con la salute, con le possibilità fisiche. Sono ancora un atleta integro, anche se con qualche anno in più sulle spalle, forse non ho la stessa brillantezza di qualche anno fa ma sono pronto a lottare. Credo sia fondamentale anche l’entusiasmo e l’esaltazione che arrivano dopo un’affermazione, ma sia nel bene che nel male è importante saper voltare pagina e guardare avanti».
Quali sono i suoi programmi sportivi per il futuro?
«Voglio ottenere la qualificazione agli Europei 2014 e mi sto preparando per questo. Il primo appuntamento è per giugno, c’è da fare una preparazione lunga, che è sia fisica che mentale (due aspetti ugualmente importanti vista la lunghezza delle gare 10 e 25 chilometri, ndr). I Mondiali del 2015? Per ora non ci penso, affronto uno scoglio per volta».
Com’è il suo rapporto con l’allenatore Emanuele Sacchi?
«Sono dieci anni che lavoriamo insieme, è un allenatore valido e una persona che stimo, e credo che questo sia reciproco. E’ un presupposto fondamentale sia in ambito lavorativo/sportivo che nella vita di tutti i giorni. Abbiamo poi un obiettivo comune che è quello di allenarsi e fare sempre meglio».
Dopo i successi del 2009 e del 2010, ha avuto un periodo più difficile in cui non sono arrivate delle medaglie. Come mai?
«Non voglio cercare scuse, ma ci sono stati dei problemi legati alle “acque libere”, nel senso di logistica delle gare e di alta partecipazione di atleti. Non sono salito sul podio, non ho preso medaglie, ma è pur vero che ho ottenuto comunque dei piazzamenti importanti, di prestigio. Io vedo le gare come un confronto, cerco di dare sempre il massimo. Le vittorie come le sconfitte in fondo sono tutte belle se esci dall’acqua con la consapevolezza di aver dato tutto. La mia impresa più grande? L’oro ai Mondiali di Roma nel 2009, la gara in casa e in un periodo speciale».
Lei è stato il primo italiano a vincere un oro mondiale nella 25 km, qual è la caratteristica migliore e per cui i giovani dovrebbero imitarla o seguire il suo esempio?
«Cercare di prendersi il giusto tempo per fare le cose fatte bene. Tutte le persone che si avvicinano allo sport spesso sono sotto pressione perché si sentono obbligate ad avere dei risultati. Il consiglio che posso dargli è di non vivere lo sport in maniera esagerata, con grandi aspettative, ma di avere la calma e la tranquillità di allenarsi, di fare i giusti miglioramenti. E’ un lavoro di costruzione negli anni, lungo e progressivo. Ci vuole un impegno costante in cui tirare fuori qualcosa di più ogni volta, insomma fare uno scatto per superare l’ostacolo».