Società, allenatore e calciatori, tutti colpevoli… È finita nel peggior modo possibile l’avventura della Lazio in Europa League. L’immagine dello Sparta Praga che esulta all’Olimpico non si cancellerà tanto facilmente dalla memoria dei tifosi biancocelesti. La squadra di Pioli, ultima rappresentante italiana nelle coppe europee, deve fare mea culpa per non aver sfruttato il buon 1-1 conquistato una settimana fa a Praga.
Forse la squadra e l’ambiente hanno sottovalutato i cechi, ancora imbattuti nella competizione, ma il passaggio ai quarti di finale sembrava veramente solo una prassi. L’urna di Nyon era stata generosa e i capitolini non dovevano sciupare questa opportunità. Invece la Lazio è riuscita a complicarsi la vita da sola subendo due gol in dodici minuti e sbagliando l’impossibile davanti alla porta avversaria. Quello che ne è venuto fuori è un pesante 0-3 che ha anche di fatto chiuso la stagione con tre mesi di anticipo perché ora l’unico obiettivo rimasto è la conquista del sesto posto in campionato che dista ben sette punti. Una realtà incredibile se si pensa da dove si è partiti.
DALLE STELLE ALLE STALLE
Come è lontana l’estate e le dichiarazioni di Tare e Pioli che parlavano di squadra difficilmente migliorabile che se la poteva giocare con tutte. La Lazio ha fallito tutti gli appuntamenti importanti, scivolando via via verso un anonimato impensabile il 31 maggio 2015. La vittoria di Napoli e la conquista del terzo posto forse avevano fatto sopravvalutare un gruppo che aveva dato più del suo reale valore. Primi campanelli di allarme erano stati la Supercoppa Italiana e il playoff di Champions League con il Bayer Leverkusen. Il mercato estivo non ha di certo aiutato, con l’arrivo di giovani che poco in più hanno dato alla causa. La Lazio aveva bisogno di certezze e non di scommesse, peraltro non vinte. La società è la prima tra gli imputati non solo per i mancati rinforzi, ma anche per i rinnovi contrattuali di calciatori come Braafheid, Radu e Mauri. Valutato malissimo anche l’infortunio di de Vrij che ha privato la Lazio del suo miglior difensore per l’intera annata. A gennaio, con la squadra a metà classifica ma ancora in corsa in Europa League e Coppa Italia, ci si aspettava qualcosa di più perché, basta guardare la Roma, proprio gli arrivi invernali aiutano spesso a voltare pagina. Invece a Formello è arrivato il solo Bisevac che tra infortuni e amnesie difensive ha fatto rimpiangere ancor di più il giovane Stefan.
UN MISTER TANTI PERCHÉ
Che dire poi di Pioli, un mister che aveva fatto sognare con la squadra che esprimeva il più bel calcio d’Italia e che ora spesso non riesce nemmeno a fare un gol. In questa stagione ha spesso sbagliato scelte iniziali e cambi (il fissarsi su Djordjevic e il poco utilizzo di Matri sono solo due esempi, ndr), ma soprattutto anche le dichiarazioni. Il suo “vinciamo l’Europa League” alla vigilia della gara di giovedì suona come una beffa letto col senno del poi. E la squadra? Principali responsabili sono i giocatori perché sono quelli che scendono in campo e che troppo spesso non hanno onorato quella maglia. La rosa laziale ha reso tutta parecchio sotto le aspettative, con i soli Konko, Biglia e Milinkovic-Savic a salvarsi. Proprio l’argentino ieri ha ripetuto “vergogna” a caldo scusandosi con il popolo laziale. Scuse che forse non bastano a una piazza che voleva fare il definitivo salto di qualità e invece si ritrova a dover vivere un’altra stagione anonima. Felipe Anderson e Candreva sono solo due esempi dell’incredibile involuzione vissuta dai ragazzi di Pioli. Le esultanze polemiche di Lazio-Chievo non sono andate giù ai tifosi che ieri hanno manifestato tutto il loro disappunto ai giocatori fuori dall’Olimpico subito dopo il match. Rabbia alimentata anche da qualche dichiarazione (Marchetti dopo Lazio-Juve, ndr) e dal non schierarsi con i supporters nella battaglia contro le barriere in Nord e Sud. La notte del San Paolo è un ricordo ormai remoto in un presente grigio. La Lazio da splendido cigno è tornata brutto anatroccolo.
Antoniomaria Pietoso