George Harrison, “the quiet Beatle”, se ne andò dieci anni fa, il 29 novembre 2001, a soli 58 anni, stroncato da un tumore nella sua casa di Los Angeles. La sua morte non commosse solamente i fan dei Beatles: quel giorno le radio di tutto il mondo suonarono le sue canzoni. I giornali e le televisioni si profusero in toccanti necrologi.
Harrison era il più giovane dei quattro: ben tre anni di differenza con John e Ringo e uno in meno rispetto a Paul. Un fratello minore, quindi, per i suoi compagni, coi quali aveva iniziato a suonare da ragazzino, ma in grado di scrivere capolavori come “Something”, “Here Comes the Sun” e “While My Guitar Gently Wheeps” e di spiccare, a detta di molti, come il più dotato dei quattro da un punto di vista tecnico-strumentale. Il suo ruolo, tuttavia, fu sempre inevitabilmente messo in ombra dalle geniali personalità di Lennon e McCartney ed è stato solo col passare del tempo che Harrison ha ottenuto quei riconoscimenti che ai tempi dei Fab Four gli erano mancati. Il più importante dei quali è arrivato, probabilmente, con “Living in the Material World”, il docu film realizzato da Martin Scorsese. Ai tempi della svolta mistico psichedelica del gruppo, il suo apporto divenne fondamentale in virtù del suo rapporto molto stretto con Ravi Shankar, e di un’autentica passione per l'India e l'Induismo. Sono in molti a pensare che il suo contributo sia stato determinante per la diffusione in Occidente del sitar e, in generale, della cultura orientale.
Dopo lo scioglimento dei Beatles, George conobbe altri successi soprattutto con l'album del suo debutto da solista, il triplo “All Things Must Pass”, e con l’avventura musicale dei Travelling Wilburys, super band formata con Bob Dylan, Tom Petty, Roy Orbison e Jeff Lynne. Ma anche come produttore cinematografico mostrò uno straordinario talento: con la sua HandMade Films finanziò infatti i primi film dei suoi amici Monty Python, iniziando con “Brian di Nazaret”, dove appare nel ruolo di Mr Papadopolous. E alla fine, durante la sua fortunata gestione, furono prodotti ben 23 titoli dalla HandMade.
Un capitolo a parte meriterebbe poi la storia della sua grande amicizia con Eric Clapton, rimasta inalterata malgrado la relazione che l'allora signora Harrison, Pattie Boyd, ebbe con Clapton. Ma noi di Cinque Giorni non vogliamo dilungarci oltre e lasciamo che a ricordare quest’uomo straordinario sia una delle sue canzoni più belle…