Addio a Bocca: l\’Antitaliano se n’è andato a 91 anni. Oggi i funerali

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Giorgio Bocca è morto il giorno di Natale. Aveva 91 anni (li aveva compiuti il 28 agosto) e il suo funerale si terrà oggi, alle 11, nella basilica di San Vittore al Corpo, a Milano. Era indubbiamente un decano del giornalismo italiano, un decano del movimento partigiano e dell'impegno civile. Il primo e l'ultimo campo lo vedevano ancora in prima linea, opinionista arguto e affilato, amante della provocazione, dell'approfondimento e dell'analisi storica, sociale, politica che profonde in vario modo nei suoi saggi. La sua vita, ricchissima di esperienze tra le più avventurose e alcune anche assai rischiose, si è mantenuta sempre aperta al nuovo e alla sperimentazione, non negandosi neppure a quelle che molti dei suoi avversari e alcuni dei suoi amici gli rimproverano come aperte ed evidenti contraddizioni.

LA RESISTENZA – Figlio di insegnanti, studia alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Torino, dove si iscrive al Guf, Gruppo universitario fascista, di cui è un esponente attivo, specie in campo sportivo. Di questo periodo le biografie ricordano i suoi articoli sulla testata locale “La Provincia Granda” di Cuneo, di condanna nei confronti della “congiura ebraica”, indicata come responsabile del conflitto mondiale, come pure una presunta e mai chiarita adesione al Manifesto della razza del 1938, che fu prodromo delle leggi razziali. In una recente intervista, Bocca di quel periodo osserva: “Dopo aver fatto venti mesi di guerra partigiana, mi hanno rinfacciato un articoletto scritto su un giornaletto del Guf a 17 anni, quando ancora non avevo conosciuto che cos'era il fascismo. Quando l'abbiamo capito, l'abbiamo combattuto con le armi. È stato doloroso ricevere quell'attacco. Non ho mai risposto. Mia moglie mi ha detto: se ciò che ti possono rimproverare in una vita è tutto qui, allora stai tranquillò'. Verso la fine della guerra si arruola come allievo ufficiale alpino: è qui che matura la sua nuova fede politica e all'indomani dell'armistizio è tra i fondatori delle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà. Aderisce alla lotta partigiana, diventa comandante della Decima Divisione Giustizia e Libertà, poi responsabile politico della Seconda Divisione Giustizia e Libertà e infine responsabile dei Tribunali del Popolo.

IL GIORNALISMO – Tra i grandi del giornalismo italiano, da sempre affiancato alle figure di Enzo Biagi e di Indro Montanelli, a differenza loro non è mai stato direttore di testata, ma grande giornalista di inchiesta, inviato, editorialista, polemista. I primi passi di Bocca nel giornalismo risalgono alla sua adolescenza: sono della metà degli anni Trenta le sue prime produzioni per alcune testate locali, come La Provincia Granda di Cuneo o la Sentinella d'Italia. Dopo la guerra, conclusa la sua esperienza partigiana, riprende la scrittura e lavora come redattore per la Gazzetta del popolo, quotidiano torinese. Da qui passa a Milano: insieme a Oriana Fallaci è tra le nuove firme de L'Europeo (è il 1954), quindi approda al quotidiano voluto da Enrico Mattei, Il Giorno, sotto la direzione di Italo Pietra, entrambi ex comandanti partigiani. Inviato, rappresenta quel giornalismo di rottura, anticonvenzionale e dissacrante, che è alla base della nascita stessa del quotidiano, fondato nel 1955 da Cino Del Duca proprio per contrapporsi all'ingessata ufficialità del Corriere della Sera. È di Bocca il reportage da Vigevano pubblicato il 14 gennaio 1962 sul boom economico italiano, che resta una delle colonne e tra i servizi più citati del nostro giornalismo. Ma è anche un celebre inviato di guerra, da quella dei 6 giorni in Medio Oriente, al Vietnam. Nel 1976 Bocca lascia Il Giorno per affrontare una nuova scommessa: la nascita de La Repubblica, di cui figura tra i fondatori. Collabora con L'Espresso, dove ancora oggi firma la rubrica “L'antitaliano” e dove nel 1971 fu tra i firmatari dell'appello sul caso Pinelli, pubblicato sul settimanale. È degli anni 80 la collaborazione con il gruppo Fininvest di Silvio Berlusconi, quando ancora il Cavaliere non era sceso in politica, ma è già a capo di un impero imprenditoriale. Per le sue reti, dal 1983 idea e conduce programmi come “Prima pagina”, “Protagonisti”, “2000 e dintorni”, “Il cittadino ed il potere” e firma svariate inchieste tra cui una, “Il mondo del terrore” per Canale 5, sul terrorismo italiano e internazionale degli anni Settanta e Ottanta. E il terrorismo è, dopo il boom, uno dei temi su cui si misura, per arrivare poi al malessere del Paese, in particolare del Nord.

GLI ORIENTAMENTI – Bocca, per le sue posizioni di rottura e i suoi durissimi slogan, veniva accusato di antimeridionalismo,di razzismo (ma lo difende con fervore Roberto Saviano che, dalle pagine de L'Espresso, spiega: “Senza capire non si può cambiare, capire anche a costo di specchiarsi nell'orrore di una realtà che non può restare nascosta dietro a slogan e paesaggi da soap: guardarsi in faccia, scoprire il proprio volto a costo di rendersi conto di quanto fosse brutto. Questo è quanto Bocca mi ha insegnato”). Controversa anche la simpatia e il favore con cui guardò alla nascita della Lega Nord, nei primi anni Novanta, con il sostegno che diede al sindaco Marco Formentini del Carroccio per la sua elezione nel 1992. Durissima la sua polemica nei confronti del revisionismo critico della Resistenza avviato dal collega Giampaolo Pansa, e la condanna del “cerchiobottismo” cui si riduce, che – sottolinea – accomunando resistenza e fascismo mira ad una assoluzione generale delle parti. Durissima infine anche la sua posizione contro il politico Berlusconi, che individua soprattutto come emblema, oltre che corresponsabile, della deriva di valori della società italiana e del sistema politico del Paese.

LO SCRITTORE – Innumerevoli le pubblicazioni e i libri a sua firma, che spaziano dall'indagine storica – in particolare sulla resistenza partigiana, ma anche sui più recenti fenomeni del terrorismo – al costume, alle questioni sociali, al meridionalismo, fino all'iniziale apertura al nascente fenomeno della Lega.

 

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