Ne “Lo zoo di vetro” di Tennessee Williams si soffre parecchio, inutile negarlo. Si soffre per l’altro, si soffre con l’altro. Certo, qualche sorriso scapperà sulle bocche degli spettatori che popoleranno la platea del Teatro Furio Camillo da oggi al 29 gennaio, ma sarà uno “scoprire i denti” di compassione, addirittura di pena. Un sentirsi parte del dolore: tutti sulla stessa barca, tutti nello stesso calderone.
La pièce dello scrittore americano, diretta da Salvatore Chiosi, è ambientata negli anni Trenta. La famiglia Wingfield composta dalla madre Amanda e dai due figli Tom e Laura, abita in una casa popolare di Saint Louis. Amanda (Elisabetta De Palo) è una donna ormai sola che vive nella continua evocazione di una giovinezza ormai sfiorita, fatta di balli e ricchi spasimanti: un passato di felicità e aspettative trasfiguratosi poi in un presente di solitudine e paure, di ansie e di abbandono. Le feste e i cotillons che prima riempivano la sua vita hanno lasciato il posto all’impegno profuso nel cercare di garantire un futuro a Laura (Valentina Marziali), sua figlia, ragazza timidissima a causa di un lieve difetto fisico. Amanda non riesce ad accettare che sua figlia corra il rischio di restare sola come lei, e in questa ricerca per la felicità coinvolge Tom (Danilo Celli), con cui i rapporti sono già tesi e difficili, caricandolo di responsabilità e doveri da assumersi al posto di un padre ormai lontano.
La messinscena è un vero e proprio dramma dei sentimenti, in cui l’azione è limitata a una cena, o meglio a un invito a cena che dovrebbe riuscire a smuovere l’immobilità della famiglia Wingfield. Un pasto in cui Amanda ripone tutte le sue speranze, perchè al tavolo siederà anche Jim (Giulio Cristini), collega di Tom: un giovanotto conosciuto fin dai tempi del liceo e che subito la signora Wingfield immagina come lo sposo ideale della sua Laura. Nulla, però, andrà secondo le sue aspettative, of course.
Fra. Ga.