Accorsi Furioso, il suo ORLANDO è un pazzo moderno

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Le dame, i cavalier, l’armi e gli amori» cantate dall’Ariosto rivivono nell’adattamento teatrale del poema “Orlando Furioso” che debutta stasera al teatro Ambra Jovinelli e che resterà in scena fino al 26 febbraio. Protagonista di questa «ballata in ariostesche rime per un cavalier narrante» è Stefano Accorsi.

Dei quasi quarantamila versi del poema originale, il drammaturgo e attore Marco Baliani ha scelto di concentrarsi su alcuni segmenti, privilegiando «una sola traccia, quella che permette all’intero poema, fin dall’inizio, di dispiegarsi e vivere», ossia «le impronte che Angelica lascia sul terreno» mentre sfugge ai suoi numerosi spasimanti. La vicenda storica dello scontro tra cristiani e saraceni si dissolve sullo sfondo quando Angelica fugge via a cavallo dando il via a un’infinita sequenza di inseguimenti che a loro volta si portano dietro vicende avviluppate l’una dentro l'altra. Tra i suoi inseguitori c’è il paladino Orlando, tanto innamorato della fanciulla da perdere il senno.

Orlando «va precipitando di canto in canto dentro una modernissima patologia, di cui Ariosto è ironicamente consapevole: la fantasmagoria dell’amore non ricambiato», spiega Baliani, che ha scelto di rovesciare il titolo originale dell’Ariosto per mettere al primo posto nel suo spettacolo la furia e la follia dell’amore non corrisposto. Il prode paladino vuole l’amore esclusivo di Angelica ed è convinto che lei debba corrispondere al suo sentimento proprio perché questo esiste ed è rivolto a lei. La corda si spezza quando Orlando scopre che non solo Angelica non lo ama ma si è data volontariamente non a un prode cavaliere suo pari ma a Medoro, giovane soldato di fanteria saraceno. «La pazzia di Orlando – dice ancora Baliani – assomiglia a quella di tanti uomini moderni che amano troppo e male, uomini che riempiono purtroppo le pagine dei giornali con i loro amori non corrisposti e portano spesso alla morte di quelle stesse donne che dicono di amare perdutamente». Ma a differenza della realtà, qui la parola teatrale aiuta a parlare del mondo e riesce a renderlo meno terribile, grazie alla «leggerezza della rima, del gioco sonoro di citazioni e assonanza, con la soavità del volo».

Le sfide e le battaglie combattute dai paladini restano sullo sfondo, lasciando spazio a un altro tipo di duello e ad altre coppie di duellanti. Angelica, Orlando, Ruggiero e Bradamante si sfidano a singolar tenzone a colpi di sentimenti, tirando stoccate al cuore di chi ama e vorrebbe essere riamato o crede di essere amare ed essere amato. Stefano Accorsi è al centro della trama tessuta dall’Ariosto e riadattata da Baliani, che ne ha tirato fuori un monologo/melologo, arrangiando le ottave del poeta e riscrivendone altre, creando digressioni fuori dal testo, facendo intervenire per caso personaggi che nulla hanno a che vedere con l’universo ariostesco ma che si fondono nella narrazione colpendo all’improvviso lo spettatore, tra cambi di registro improvvisi, frenate brusche, sospensioni, flash back, corto circuiti narrativi. Sul palco insieme a lui c’è la cantante e attrice francese Nina Savary, che fa contrappunto ai suoi tormenti, commentandone le parole, accennando un tema musicale, suonando.

L’elemento musicale e “rumoristico” è una presenza importante grazie all’utilizzo dei vecchi attrezzi da rumorista come se ne usavano una volta: macchinari che simulano lo scrosciare delle onde del mare o il sibilo del vento, il cozzare delle spade, il battere sul terreno dei cavalli, il fragore delle ali dell’ippogrifo sul quale Astolfo vola sulla Luna per recuperare il senno di Orlando. Il testo originale viene stravolto di quanto in quanto con qualche digressione, «come succedeva anche all’Ariosto» dice Baliani, riuscendo così a essere quasi nostro contemporaneo: le guerre di cui si parla non sono in fondo così lontane da noi e quella giostra di sentimenti così esasperati ci è fin troppo nota. Del resto, come diceva Calvino, «Il Furioso è un libro unico nel suo genere e può essere letto senza far riferimento a nessun altro libro precedente o seguente; è un universo a sé in cui si può viaggiare in un lungo e in largo, entrare, uscire, perdercisi».

Chiara Cecchini

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