La guerra dei narcos, Diego Enrique Osorno a Più Libri Più Liberi

Il giornalista di Monterrey presenta il suo libro sulla lotta alla mafia

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Italia e Messico non hanno in comune solo i colori della bandiera, ma anche la mafia”. Con queste parole precise e secche, Diego Enrique Osorno, uno dei migliori talenti del nuevo periodismo latinoamericano e autore di “Z la guerra dei narcos”, si presenta al pubblico romano di “Più libri più liberi”, al quale è stato presentato come il “Saviano messicano”.

In realtà le differenze tra il placido cronista di Monterrey e l’icona italiana della lotta alla mafia sono molte, così come del resto è diversa la malavita organizzata messicana da quella italiana. Osorno racconta la vera e propria guerra, con punte da autentico genocidio – la definisce “il Ruanda del nostro tempo” – che sta martoriando la frontiera orientale tra Messico e Stati Uniti, quella degli stati di Tamaulipas e Nuevo León. Una guerra che, dal 2006 ad oggi, da quando il presidente Calderòn ha dichiarato guerra al narcotraffico, conta più di 100mila morti e migliaia di persone che risultano scomparse, ma che per Osorno sono “finite nelle fosse comuni o sciolte nell’acido”.

Osorno racconta, senza filtri e censure, i narcos messicani e il loro temibile braccio armato, i famigerati Zetas, nati come corpo speciale della polizia, addestrati per combattere il narcotraffico, ma presto assoldati dai loro nemici e incaricati di scorribande che gettano nel terrore intere città. Sono loro i protagonisti di questo racconto di prima mano di un giornalista che ha scelto di non farsi proteggere, ma di “mantenere un profilo basso per meglio mimetizzarmi tra la gente e poter raccontare quello che vedo”. Nessuna scorta e nessun programma televisivo, dunque, per Osorno, ma la “speranza messa davanti a tutto, che comunque non annulla la paura quotidiana di essere ucciso. A un certo punto ti abitui a ricevere minacce e a guardarti le spalle”.

Osorno però denuncia anche le connivenze dei narcos con la politica, e l’omertà che è scesa sul suo paese, questa sì comune a molte regioni d’Italia. Anche il giornalismo messicano, racconta ancora Osorno, ha deciso in gran parte di non parlarne, e molti colleghi si occupano “di ecologia e di alberi”. Lui no. Lui ha deciso di raccontare questo genocidio ascoltando le voci dei testimoni, quelle degli abitanti dei villaggi cacciati da un giorno all’altro dalle loro case dagli Zetas, che le utilizzano come magazzini per le tonnellate di cocaina e marijuana pronte per inondare i grandi mercati nordamericani. Osorno lo ha fatto anche per onorare la memoria dei suoi due maestri: un cronista che lo aveva preso sotto la sua ala protettiva appena assunto in un giornale locale, e ucciso 4 mesi dopo, e un giudice tributario, suo amico e confidente, suicidatosi per la frustrazione di non poter fare bene il proprio lavoro.

“Il mondo dei narcos non ha più niente da spartire con i tratti quasi poetici di rappresentazioni tipo “Il Padrino” – dice amaro Osorno – Oggi la mafia è una faccia del capitalismo selvaggio guidata da boss pragmatici e sanguinari, dediti solo al profitto. Ma la mia curiosità è nata dalla necessità di capire cosa spingeva migliaia di miei coetanei a lavorare per i narcos, sapendo benissimo di andare incontro alla morte nel giro di 5 anni oppure, nella migliore delle ipotesi, ad una condanna all’ergastolo.”

 

Titolo: Z. La guerra dei narcos
Autore: Diego Enrique Osorno
Prezzo listino: € 15,00
Editore: La nuova frontiera
Data uscita: /11/2013
Pagine: 432

 

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