Un’energia vitale traspare dai corpi delle donne immortalate nelle fotografie di Ousmane Ndiaye Dago. Corpi che l’artista ricopre con gesso, argilla e colore, attraverso i quali i nudi sembrano trasformarsi in antiche sculture greche, sinuose e armoniche. Ma sono anche presenze femminili senza volto che non hanno identità e né alcuna distinzione, tante donne a simboleggiarne una, come la prima in assoluto, Eva o Madre Terra, l’origine del tutto. Sono come statuette lignee di rituali africani, cariche di forza primordiale. Sono figure colme di erotismo, ma allo stesso tempo di sacralità.
Con la fotografia Dago riesce a raggiungere una sintesi tra più arti, un’equilibrata fusione tra la pittura e la scultura. Restituisce un evidente effetto di tridimensionalità e di forte drammaticità. I corpi si appropriano dello spazio, come una sorta di rappresentazione teatrale.
Dago è tra più importanti artisti contemporanei della scena africana. Dopo aver studiato in Belgio, diplomandosi in Arti Grafiche all’Accademia Reale di Belle Arti di Anversa, ritorna a Dakar, sua città natale, dove si impone come art designer e creatore di pubblicità. Ma presto decide di ampliare la sua sfera creativa e inizia a dedicarsi alla fotografia, raggiungendo alti livelli nel mondo dell’arte internazionale. Partecipa a numerose mostre, tra cui la Biennale di Venezia e di Valencia nel 2001.
Nel 2002 esce una monografia a cura di Achille Bonito Oliva, Martina Corgnati e T.K. Biaya. Le opere dell’artista senegalese sono presenti alla mostra “Ousmane Ndiaye Dago”, curata dal critico d’arte Enrico Mascelloni, presso la sede del Palazzetto Art Gallery fino al 30 novembre.
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