Non mi è mai piaciuta e da piccola pensavo fosse ispirata alla bionda della Peroni. Barbara Millicent Roberts, classe 1956, per le amiche bambine e per tutta l’umanità Barbie, la bambola più famosa del mondo. Mai avuto nulla contro le bionde strafighe; solo che mia cugina ruppe le ginocchia alla mia prima Barbie. Non volli mai più altre bambole Mattel e augurai a mia cugina di avere le gambe più brutte del mondo. Desideri entrambi realizzati.
UN’ICONA DEI NOSTRI TEMPI
Forse non è stato il mio personale oggetto dei desideri, ma generazioni di bambine di tutto il mondo la hanno adorata, vestita, collezionata. Prima delle donne vere di tanti paesi, la Barbie ha potuto fare tutti i mestieri, avere la sua casa, la macchina, il cavallo e anche un fidanzato metrosexual, Ken. Abiti sportivi, eleganti, professionali. Lo credo che è stata un modello per cinquant’anni. Soppiantata per qualche stagione dalle coattissime Brats e dalle nostrane e variegate Winx, la Barbie in versione politically correct è ora tornata prepotentemente alla ribalta: da quest’anno sono sul mercato 33 nuovi modelli che rispecchiano donne reali dalle fisionomie più varie – alte, basse, di tutte le razze, formose magre e curvy. Di recente ha impazzato su Instagram anche “hijarbie”, ovvero una normale Barbie abbigliata con l’hijab, per le bambine musulmane.
BARBIE DA MUSEO
Era giusto che un’icona pop così globale fosse celebrata come opere d’arte e (altri) oggetti di design industriale. E allora ecco la mostra “Barbie the Icon”, già passata da Milano e ora in arrivo a Roma nel Complesso del Vittoriano, dal 15 aprile al 30 ottobre.
L’allestimento a Roma (è prodotta da Arthemisia Group e 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore in collaborazione con Mattel) a cura di Massimiliano Capella, si è arricchito di nuove bambole dalla serie Barbie Fashionista, tra cui i modelli Curvy, Tall e Petit, che riproducono le diverse corporature femminili, e le wedding dolls della Coppia Reale inglese, William e Catherine. Un appuntamento imperdibile per le bambine di tutte le età.
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Angela De Vito
