Sugar Man, al Gran Teatro una leggenda (a sua insaputa) della musica

Le sue canzoni di speranza e di riscatto mercoledì 20 maggio nella Capitale

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È una storia davvero pazzesca, quella di Sixto Rodriguez, in arte “Sugar Man”, che mercoledì 20 maggio si esibirà al Gran Teatro di Roma. A salire sul palco non sarà solo “l’uomo dello zucchero” (soprannome preso in prestito dal titolo di un suo brano), non cioè un semplice cantautore statunitense, ma la più incredibile scoperta musicale degli ultimi vent’anni. Un diamante grezzo rimasto ingiustamente nascosto per troppo tempo.

LA PRIMA VITA DI SIXTO RODRIGUEZ – Nei primi anni ’70 Sixto Rodriguez era un autentico astro nascente della musica folk. Di lui si diceva fosse addirittura meglio di Bob Dylan. Ma i suoi primi due dischi furono un autentico flop. Intendiamoci, la critica li aveva apprezzati ma quegli album non li comprò praticamente nessuno. Così la sua casa discografica lo abbandonò e quel giovane cantautore, sesto figlio di un immigrato messicano (da cui il nome “Sixto”), scomparve dal panorama musicale senza lasciare alcuna traccia. O almeno così lui credeva. Deluso da quell’insuccesso, lasciò la chitarra e iniziò a lavorare come operaio edile. Si sposò, ebbe tre figlie e si laureò filosofia. Nessuno in America sapeva chi fosse. Ma, a quasi trent’anni dal suo addio alla carriera artistica, arrivò una telefonata dal Sudafrica. Una telefonata che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.

LA RINASCITA DI SUGAR MAN – Quasi fregandosene della svolta che Sixto Rodriguez aveva dato alla propria vita, la sua musica in tutti quegli anni aveva infatti continuato a vivere di vita propria. Ma dall’altra parte del Pianeta, trasformandolo, a sua insaputa, in autentico idolo. Cos’era successo? Un casa discografica australiana aveva scoperto casualmente i suoi dischi e, acquistandone i diritti, li aveva rilanciati ottenendo un successo straordinario. Dall’Australia, quella musica che cantava di libertà e ribellione alle ingiustizie era arrivata fino in Sudafrica, ispirando un’intera generazione, diventando uno dei simboli della lotta all’Apartheid e trasformando Sixto in un’autentica leggenda. Come Elvis Presley. Come i Rolling Stones. Ma molto più misterioso perché nessuno aveva informazioni sulla sua vita. Circolava addirittura voce che si fosse suicidato. Fu solo nel 1997, grazie a internet, che un suo grande fan, Stephen Segerman, proprietario di un negozio di dischi a Cape Town, e il giornalista musicale Craig Bartholomew, decisero insieme di mettersi sulle sue tracce per scoprire chi fosse realmente e che fine avesse fatto. Crearono quindi un sito, “The Great Hunt Rodriguez” (ora “sugarman.org”), per cercare sue notizie. A imbattersi in quella pagina fu Eva, una delle figlie di Sixto che, incredula, scrisse loro una mail. Li ringraziò, raccontando che suo padre era vivo e vegeto e lasciò loro un numero di telefono. La chiamata dal Sudafrica arrivo quasi subito e quella che sembrava la conclusione della storia, si rivelò esserne solo l’inizio. Arrivo così, a 55 anni, quell’enorme successo che Sixto Rodriguez aveva sognato da ragazzo. La musica e il suo proprietario si erano finalmente ritrovati, dando inizio alla nuova vita di Sugar Man. Una vita che, come le sue canzoni, parlava di speranza e riscatto. Una incredibile favola di cui potrai essere partecipe mercoledì. Al Gran Teatro, alle 21.

Info: 06.5422087

 

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