Dal 3 al 15 marzo al Teatro Argentina di Roma va in scena il mito di Don Giovanni, né secondo Molière né secondo Mozart, ma secondo Filippo Timi che riscrive e interpreta la celebre opera venando il personaggio libertino di humor nero e di grande vitalità. Con spezzature, metafore, allusioni e ironie, l’attore e regista perugino presenta “Il Don Giovanni”. Vivere è un abuso, mai un diritto per raccontare il prototipo di una umanità volubile che ha fame di potere, che ama la mistificazione e l’autoinganno perché sa che è condannata ad estinguersi.
IL COMMENTO DI FILIPPO TIMI – “Don Giovanni conosce la sua fine, è solo questione di rincorsa. Don Giovanni è l’umanità finalmente priva di quelle morali colpevoli dell’assurdo destino verso cui stiamo precipitando – annota Filippo Timi – E la colpa non è certo della storia, o di tutti quei Cristi che c’hanno professato amore, ma la nostra: la fame di potere insita nell’uomo, nessuno escluso, la fame di resistere, di ingannarsi piuttosto che sopravvivere. Don Giovanni è un’intera Storia dell’umanità che muore. Finalmente, dopo la sua rincorsa, dopo millenni di fame, eccolo pagare il conto. Non c’è scampo: se neppure un’umanità sveglia e godereccia, fuori dalle regole e concentrata sul piacere, non può esimersi dalla morte, allora, neppure noi possiamo più far finta di nulla. Solo schiavi delle proprie miserie e desideri più neri ci si riappacifica con la propria infanzia, e si è pronti a vivere la morte”.
LA STORIA DI DON GIOVANNI – Don Giovanni ha capito che la vita è una farsa che si trasforma in tragedia, giustificata solo dalla morte. Questa consapevolezza lo trattiene “non lo fa bruciare, benché desideri di bruciare, essendo convinto che un desiderio morto non è più un desiderio. Don Giovanni non brucia mai veramente, desidera bruciare, promette l’inferno, la sua arte è teatrale, recita così bene la promessa che è impossibile non credergli o ancora meglio non desiderare credergli”. Il suo rapporto con Donna Anna, Donna Elvira,e Zerlina è molto teatrale, proprio perché la sua arte è tutta teatrale: Donna Elvira è l’amore vero, quello che appartiene al passato, Donna Anna è l’amore ingannatore, e pertanto, violento, Zerlina è l’amore della seduzione, del desiderio di purezza. “Ognuno ha la propria storia, io la mia, tu la tua, voi la vostra e Don Giovanni ha la sua. Non l’ha scelto lui di nascere Mito, gli è capitato, e lui non si sottrae dall’essere se stesso. Ecco in cosa è grande. Non perché accetta la morte, ma perché accetta a pieno le conseguenze, inevitabili, dell’essere nient’altro che se stesso”.
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