Cinque ore di protesta e di sciopero, dalle 6 di stamane fino alle 11, per contestare la decurtazione della giornata lavorativa del 5 ottobre scorso, data della ricorrenza del Santo patrono di Fiumicino, S.Ippolito. Questa la motivazione principale per la quale gran parte dei 1400 impiegati nel centro di meccanizzazione postale di Fiumicino aeroporto, in via Cappannini, hanno deciso di dichiarare "guerra" a Poste Italiane. «Abbiamo sempre considerato il 5 ottobre giorno di festa e altrettanto ha fatto in questi anni l'azienda», spiega Cinzia Perazzola, rappresentante Uil, «perciò abbiamo stilato i turni come sempre e chi ha preferito è rimasto a casa. Solo in seguito, anche se avevamo avuto alcune avvisaglie nei giorni precedenti, abbiamo appreso che Poste Italiane ha considerato quella data normale giornata di lavoro, dichiarandoci a tutti gli effetti scioperanti. Tutto questo, nonostante avessimo chiesto più volte di tenerci informati sulla situazione "patroni", visti gli sviluppi del recente decreto del governo. Insomma, l'azienda volutamente non ci ha fatto sapere nulla. Senza considerare che, nel centro meccanizzato di Pescara, la festa del Santo patrono (10 ottobre) è stata rispettata. Perchè dovremmo avere un diverso trattamento?».
Ma le rimostranze del personale traianeo non finiscono qui. «Abbiamo inoltrato diverse denunce sulla situazione di scarsa sicurezza e sulla carenza di personale», prosegue Perazzola. «Per quanto riguarda il primo aspetto abbiamo stilato un documento che tratta in 40 punti i rischi a cui siamo esposti quotidianamente, dagli estintori scaduti e inutilizzabili alle banchine di carico/scarico non a norma e senza pedane antiscivolo, carenza che ci espone all'eventualità di essere investiti dai carrelli. Per quanto concerne invece l'organico è vero che siamo in 1400, ma chi se ne va non viene sostituito. Perciò alcuni reparti sono occupati "a forza" da personale non idoneo». Il quadro è completato da anomalie sull'erogazione dei buoni pasto, spesso sostituiti da conguagli ripartiti su basi non meglio specificate, e dall'ipotesi ventilata del passaggio a un contratto di settore, sicuramente meno vantaggioso rispetto a quello attuale. «Ormai è guerra aperta con Poste Italiane», concludono i lavoratori, che già dalla notte scorsa hanno avviato assemblee interne per "affilare le armi".
D. Cap.