Truffa ai fondi dell’editoria, a processo Ciarrapico e altri 11

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Avrebbero orchestrato e partecipato ad una maxitruffa al fine di ottenere indebitamente dalla presidenza del consiglio dei ministri contributi per l’editoria. Per questo dodici persone sono state rinviate a giudizio. Tra queste anche Giuseppe Ciarrapico, editore e senatore Pdl, e il figlio Tullio.

Il processo è stato disposto dal gup Nicola Di Grazia ed avrà inizio 28 giugno prossimo davanti al giudice monocratico. Il giudice ha inoltre dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione in relazione ai fatti avvenuti tra il 2002 e il 2003 (le contestazioni arrivano fino al gennaio 2010), nonché nei confronti della società Nuova Editoriale Oggi (reato prescritto) e della Editoriale Ciociaria Oggi srl (società fallita). Truffa aggravata ai danni dello Stato, favoreggiamento, violazione della disciplina della responsabilità amministrativa delle società, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Questi i reati contestati, a seconda delle singole posizioni processuali, dalla Procura.

Secondo la ricostruzione della guardia di finanza il gruppo avrebbe orchestrato una truffa da circa 30 milioni di euro con un danno valutabile per l’erario dagli inquirenti in oltre 45 milioni. Per questo nel procedimento il dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del consiglio si è costituta con l’avvocato Massimo Giannuzzi. Secondo le fiamme gialle, il senatore avrebbe costituito due cooperative editoriali, di cui erano amministratori due ultra ottantenni, semplici prestanome. In realtà le società erano a lui riconducibili. I fondi furono ottenuti “attraverso artifizi e raggiri – si legge nel capo d’imputazione – consistiti nel presentare una falsa situazione di fatto e contabile delle predette società, in particolare fornendo false dichiarazioni relative all’insussistenza delle condizioni di incompatibilità”, ossia che “non fruiscano delle medesime provvidenze imprese collegate con l’impresa richiedente, o controllate da essa, o che la controllano, o che siano controllate dalle stesse imprese, o dagli stessi soggetti che la controllano; nonché attestando falsamente che la maggioranza del relativo capitale sociale era posseduta da società cooperativa, quest’ultima risultata, di fatto, svuotata di un seppur minimale potere decisionale”. Così facendo, l’ufficio editoria servizio provvidenze della presidenza del consiglio dei ministri sarebbe stato indotto in errore e diede il via libera ai benefici della legge 250/90.

Secondo chi indaga le due società diverse in realtà sarebbero state di fatto un'unica impresa. Tutto ciò ha consentito, eludendo le norme, “di incassare il doppio di quanto spettasse”. Secondo l’accusa, inoltre, alcuni “fedeli” di Ciarrapico, appresa la notizia delle indagini in corso, avrebbero anche cercato di occultare documenti. Nel maggio 2010 delle indagini furono sequestrati dalle fiamme gialle immobili e beni per un valore complessivo di ventimilioni di euro.

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