“Lo amo più di qualsiasi cosa al mondo. Non riesco a darmi pace per l’accaduto”. Queste le parole di Patrizio Franceschelli, 26 anni, il padre disoccupato che sabato scorso aveva gettato nel Tevere il figlio di sedici mesi, durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Riccardo Amoroso. Il giudice ha convalidato il fermo di Franceschelli, emettendo un provvedimento di custodia cautelare in carcere nei suoi confronti per omicidio volontario aggravato dal rapporto di parentela e stabilendo che venga sorvegliato a vista perché “si teme che possa compiere qualche gesto autolesionista”, ha riferito il suo legale, l’avvocato Andrea Gatto.
Rispondendo alle domande del gip per circa quaranta minuti il 26enne ha ammesso le sue responsabilità, non riuscendo però a spiegare il motivi del suo gesto. “Non si dà pace per quanto successo – ha raccontato l’avvocato Gatto – Ha ammesso di averlo fatto. È un qualcosa che va al di là di un discorso di degrado sociale. È consapevole che non potrà vedere mai più suo figlio che sostiene di amare più di qualsiasi cosa al mondo”. Con molta probabilità la difesa di Franceschelli chiederà che l’uomo sia sottoposto ad una perizia volta a verificare il suo stato di salute mentale.
