Le cooperative che lavorano nei campi Rom della Capitale hanno occupato per tutta la mattinata e fino alle quattro del pomeriggio di ieri l'assessorato alle politiche sociali. Ottenendo la riapertura della trattativa con il Comune (che ha annullato la "gara a ribasso" con cui cercava nuovi soggetti per gestire i servizi nei campi) e un incontro fissato a martedì prossimo tra il coordinamento delle cooperative e il vicesindaco Belviso.
Soddisfatti i manifestanti del Roma Social Pride che, dopo le difficoltà e i tagli di spesa degli ultimi mesi, vedono finalmente aperto un primo spazio di manovra dopo il lungo silenzio della vicesindaco. Restano però aperte molte incognite, non è solo una questione politica, quella delle cooperative del Roma Social Pride, ma anche di lavoro e di dignità delle persone Rom che seguono da anni. Nel palazzone all'angolo tra via Merulana e viale Manzoni oltre un centinaio di rappresentanti ha dato vita a una protesta silenziosa occupando la sala Rosi con l'obiettivo duplice di schierarsi contro le strategie del Comune nella gestione dei campi, per restituire servizi efficienti ai nomadi di Roma e garantire loro più dignità e integrazione sociale. A Roma i Rom sono 7500, numeri lontani dalla situazione di emergenza che ha portato a una lunga gestione commissariale del prefetto Pecoraro poi bocciata da una sentenza del Consiglio di Stato del novembre 2011. Numeri che permetterebbero al contrario, con i cospicui fondi stanziati da governo, Regione e dallo stesso comune (circa 30 milioni di euro complessivi) di migliorare la vita di chi abita i campi garantendo più integrazione delle persone e sicurezza per il territorio. Ieri mattina in viale Manzoni i lavoratori di Arci solidarietà, Cnca, Associazione città visibile, Cerea del Mezzogiorno e molti altri hanno atteso fino alle tredici e trenta prima di parlare con il direttore del dipartimento Politiche sociali Scozzafava. Protestavano contro il modello di Sveva Belviso, che ha riempito i campi di costosi meccanismi di sorveglianza armata riducendo di fatto i servizi e le opportunità di integrazione. «Noi abbiamo presentato alla Belviso una proposta globale che ridisegna i servizi interni ai campi rom in una visione di superamento dei campi stessi, tenendo anche conto di una minima riduzione delle risorse – spiega Carlo De Angelis del Roma Social Pride. Il Comune aveva già detto il suo no a questa richiesta e in passato aveva tagliato i fondi per i campi destinati alle cooperative: un 20 per cento nell'aprile scorso (fondi andati alla Croce Rossa) e oggi di un ulteriore 50 per cento per ridurre le spese.
Di fronte a questa situazione gli enti gestori si sono opposti alla proroga dei contratti a queste condizioni peggiorative, sia dal punto di vista dei servizi offerti nei campi che da quello occupazionale per i lavoratori delle cooperative. A quel punto l'Assessorato ha avviato la ricerca di nuovi soggetti in grado di gestire con quei budget ridotti i servizi nei campi rom, secondo criteri di libera concorrenza, cercando quindi di risparmiare e mantenendo il modello osteggiato dalle cooperative sempre più marginalizzate, cosa che ha fatto scattare la protesta di ieri. E proprio attorno alla questione delle risorse si fa più acceso lo scontro e se si allarga la riflessione alle politiche di questa amministrazione, il giudizio si fa ancora più netto: «Noi crediamo invece che queste risorse siano state in gran parte sperperate – dicono i manifestanti. «Su questo chiediamo chiarezza alla Belviso su come i fondi sono stati spesi»
Francesco Unali