Cessa l’allarme ma non cala l’attenzione sulla situazione di emergenza nella Asl RmH, dove i contratti a tempo determinato della maggior parte del personale medico e paramedico continuano a mettere a rischio la continuità dei servizi assistenziali. La buona notizia è che nel fine settimana scorso la Regione Lazio ha accolto le rivendicazioni dell’azienda sanitaria locale e le sollecitazioni della politica, prorogando gli incarichi (scaduti a fine marzo) di diversi professionisti: nel dettaglio, oltre a personale amministrativo, il rinnovo riguarda due medici in servizio presso i pronto soccorso di Albano e Velletri, un medico di stanza al “Riuniti”, presso il reparto di ostetricia e il responsabile unico del reparto di neuropsichiatria infantile del nosocomio Villa Albani di Anzio, dott. Gualtieri.
Se il direttore sanitario dell’ospedale neroniano, Alfonso Ciriaco Consolante, si dice soddisfatto dell’epilogo positivo della vicenda e assicura che la situazione sarà sotto controllo almeno fino al 31 dicembre prossimo, il sindaco di Genzano Flavio Gabbarini, uno dei più battaglieri a tutela del diritto alla salute dei cittadini, invita a non abbassare la guardia perché «in vista ci sono altri contratti in scadenza e perciò altre situazioni di emergenza». E i numeri, a questo proposito, restano impietosi: circa 400 precari, di cui 160 medici, in tutta la fascia dai castelli romani al litorale, e meno del 30% del personale impiegato nei pronto soccorso con contratto a tempo indeterminato. Uno scenario desolante, che non solo rende difficile la gestione sanitaria ma prefigura la possibilità di improbabili e penalizzanti accorpamenti. Almeno fino a quando non si smetterà di ragionare per emergenze. La “buona volontà” e l’apertura dimostrate negli ultimi giorni dalla Regione, però, possono rappresentare un primo passo verso una definitiva soluzione del problema. E, nell’immediato, potrebbero anche bastare per far fare un passo indietro al direttore sanitario della Asl RmH Amedeo Cicogna, che sembra intenzionato a ritirare le dimissioni.
Diego Cappelli