«Stefano Cucchi morto per malnutrizione»

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Stefano Cucchi morì per malnutrizione. E' questa la conclusione a cui sono arrivati i giudici che martedì tre settembre hanno depositato in Cancelleria le motivazioni della sentenza, tre mesi dopo la condanna dei medici che ebbero in consegna Stefano nel reparto sanitario protetto del Pertini.

Le 188 pagine delle motivazioni parlano in particolare di "Sindrome da inanizione": Cucchi sarebbe quindi stato abbandonato e nelle sue condizioni di persona già provata e tossicodipendente, sarebbe andato incontro a un ulteriore dimagrimento e a un deperimento che lo avrebbe condotto sino alla morte. Nelle motivazioni si specifica che la sindrome da inanizione è “l'unica in grado di fornire una spiegazione dell'elemento più appariscente e singolare del caso, e cioè l'impressionante dimagrimento cui è andato incontro Stefano Cucchi nel corso del suo ricovero”.

E le parole dei giudici non lasciano spazio ad altre ipotesi, affermando di «dover condividere le conclusioni cui è giunto il collegio peritale, fondate su corretti, comprovati e documentati elementi fattuali cui sono stati esattamente applicati criteri scientifici e metodi d'indagine non certo nuovi o sperimentali, ma già sottoposti al vaglio di una pluralità di casi e al confronto critico degli esperti del settore».

Nessuna crisi cardiaca quindi, come invece proposto dalla difesa dei medici; inoltre resta aperta l'ipotesi dei maltrattamenti quando le motivazioni ricordano che «è legittimo il dubbio che Cucchi, arrestato con gli occhi lividi (perché molto magro e tossicodipendente) e che lamentava di avere dolore, fosse stato già malmenato dai carabinieri» prima che arrivasse in tribunale.

Le motivazioni rafforzano quindi le decisioni del collegio che lo scorso 5 giugno aveva condannato per omicidio colposo il primario del Pertini Aldo Fierro e i medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite, Silvia Di Carlo e Rosita Caponetti (solo falso ideologico), mentre aveva assolto Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe (tutti infermieri) e gli agenti della polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici. 

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