Piazza Bologna, palazzo delle Poste tra degrado e abbandono

Il comitato di quartiere chiede una ristrutturazione dell’edificio

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Emergenza degrado per lo storico edificio delle poste di Piazza Bologna, monumento architettonico di valore culturale del quartiere.

Da quasi otto anni, i residenti della zona subiscono l’invasione di clochard e di venditori ambulanti che sfruttano a loro piacimento il territorio adiacente l’edificio. Approfittano dello spazio, trascurato dalla società Poste Italiane, unica proprietaria e responsabile della gestione, per adibirlo all’uso improprio di raduni chiassosi, o peggio ancora, a uso di servizi igienici, senza rispetto del bene pubblico. Oltre a sopportare la vita rumorosa degli studenti in piazza che, nel week end, scatenano la tensione accumulata durante la settimana, dimenticandosi degli orari di quiete pubblica: urla smodate, cocci taglienti di bottiglie, residui di alcolici mal odoranti e mozziconi di sigarette consumati durante la notte.

Questo è lo scenario che si configura attorno a quel tratto che lambisce via Ernesto Monaci. L’ultimo intervento risale a circa un anno e mezzo fa, con lo smantellamento della cartellonistica abusiva che tappezzava l’ingresso dell’edificio. Secondo i residenti un intervento «superficiale sulla parte inferiore della facciata anteriore, giusto per placare gli animi di chi come noi protesta senza sosta».

Attivarsi non solo per restituire decoro al quartiere, ma anche per tutelare e valorizzare il patrimonio culturale della città è l’obiettivo del comitato di quartiere per il decoro urbano che, da circa cinque anni, cerca di  convincere i responsabili delle Poste italiane che la ristrutturazione della parte posteriore dell’edificio con la garanzia di una manutenzione settimanale significa tutelare un patrimonio culturale di prestigio, ma anche contribuire al rispetto delle regole di pubblica sicurezza di uno dei quartieri più apprezzati della Capitale.

I residenti spiegano: «E’ stato difficile interagire con i responsabili delle Poste italiane: prima ci siamo imbattuti in una ricerca disperata per capire chi fosse il responsabile tecnico della gestione; poi difficoltà per contattare chi di dovere; infine, tanta insistenza per ottenere qualche riscontro senza azioni concrete!».

 

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