La Polizia di Stato di Palermo e personale del Compartimento della Polizia Postale hanno eseguito un provvedimento di fermo a carico di 24 soggetti che, a vario titolo, dovranno rispondere di associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio ed all’indebito utilizzo di codici di carte di credito clonate. L’operazione, denominata ‘Free Money’, ha preso avvio a seguito di una denuncia presentata presso la Questura di Palermo da parte del Direttore di un Istituto di credito cittadino per un tentativo di frode con carte di credito clonate, avvenuto mediante l’utilizzo fraudolento di un POS appartenente ad una ditta di autonoleggio con sede a Palermo.
LE INDAGINI – Le indagini della Polizia di Stato hanno portato alla luce una vasta organizzazione criminale con base a Palermo, con ramificazioni anche in ambito nazionale (Sicilia e Lazio) e con profili internazionali (Russia, Ucraina e Romania), finalizzata al conseguimento di ingenti somme di denaro mediante l’uso fraudolento di codici di carte di credito clonate. Il voluminoso giro di affari illeciti accertato dagli investigatori ammonta a circa 3 milioni di euro. In considerazione della contiguità di alcuni dei fermati a note famiglie mafiose palermitane, non è da escludere che l’articolato meccanismo delle truffe, rappresenti un inedito e fin’ora inesplorato canale di approvvigionamento della mafia. Le indagini della Polizia di Stato hanno accertato come le vittime, inconsapevoli, della sofisticata truffa fossero, nella maggior parte dei casi, possessori statunitensi di carte di credito, clonate da hacker russi, per svariate migliaia di dollari. La portata del fenomeno, già da tempo, aveva assunto dimensioni considerevoli, tanto da destare la preoccupazione delle autorità statunitensi e l’interesse dei media d’oltreoceano.
ECCO COME FUNZIONAVA – L’associazione criminale sgominata all’alba di oggi dalla Polizia che ha fermato 24 persone per una truffa di carte di credito clonate, «attraverso la creazione di ditte fittizie (prevalentemente società di autonoleggio), intestate a soggetti compiacenti, riusciva a giustificare l’apertura di conti correnti bancari per i quali ottenevano dall’Istituto di Credito il relativo Pos. Parallelamente i sodali si procuravano codici di carte di credito già clonate – per lo più di ignari soggetti stranieri americani, danesi e francesi – con i quali effettuavano transazioni fraudolente, simulando noleggi di autovetture, in realtà mai effettuati, attraverso i POS ottenuti ed appartenenti alle predette ditte fittiziamente create». Il denaro delle ignare vittime, che via via si accreditava sui conti correnti delle ditte create ad hoc, veniva immediatamente distratto verso conti correnti di comodo o verso carte di credito prepagate riconducibili ai sodali o a soggetti ad essi vicini che curavano la fase della monetizzazione attraverso il prelievo ai bancomat o agli sportelli bancari. «Una volta ottenuto il denaro contante avveniva la spartizione tra gli associati secondo una percentuale specifica e in base al »peso« del soggetto in seno all’associazione – dicono dalla Squadra mobile – Il modus operandi utilizzato si articolava secondo fasi ben determinate: il procacciamento del soggetto-complice a cui fare intestare una nuova Partita Iva, mettendolo a capo di una ditta di autonoleggio fittizia; l’affitto di un locale, dandogli la parvenza di una nuova apertura di autonoleggio (collocazione all’interno di alcuni suppellettili e di un’insegna con scritto »Autonoleggio« ed un numero di cellulare) l’apertura di uno o più conti correnti, richiesti, utilizzando la partita Iva intestata alla società di comodo già creata, con contestuale istanza di convenzionamento del POS abilitato al PAN Manuale (quello che non richiede la cd. strisciata fisica della carta di credito, ma la digitazione manuale del PAN, utilizzato per alcune categorie di esercenti commerciali – come ad esempio gli autonoleggi – che necessitano di una »pre-autorizzazione« a distanza da parte del cliente)». L’uso di tali tipi di POS ha rappresentato una costante del gruppo criminale scoperto perché questi ultimi permettono di effettuare transazioni fraudolente di maggiore entità economica. Attraverso una piattaforma internet clandestina (su base criptata), dedita esclusivamente alla vendita clandestina di codici di carte clonate, grazie alla strettissima collaborazione di alcuni rumeni che riuscivano ad operare in campo internazionale. In altri termini, la banda faceva parte, dietro pagamento di un canone mensile verosimilmente di 500 euro, di una piattaforma internet totalmente «clandestina» alimentata da hackers provenienti da tutto il mondo, funzionante mediante la predisposizione di un particolare software (proprietario) da installare sul proprio PC, permettendo così l’acquisto dei codici di carte di credito clonate.