Furti, burocrazia e inefficienza. Il Comune di Roma ci lascia al buio

Il rebus dei lampioni spenti a Roma finisce in un Dipartimento comunale che non può gestire tutte le situazioni in tempi rapidi

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La città al buio è una realtà nota a molti cittadini in tante zone della capitale, e si conosce anche il perché: furti di cavi e parti elettriche. Pochi invece sanno perché le nostre strade restano a lungo al buio, come se la cosa non importasse a nessuno (mentre aumenta il pericolo per pedoni e auto, il degrado e il senso di squallore diffuso). Mentre il centro si veste di luminarie natalizie e anche le periferie cercano di creare un clima di festa, molti viali e strade diventano “terra di nessuno”. Alcuni sono senza luce da mesi come via Ascoli Piceno e via Aquila al Pigneto o via dei Prati Fiscali da Via Salaria per un lunghissimo tratto (dove tra l’altro impera la prostituzione).

Senza polemizzare sulle luminarie “gay friendly” in allestimento a via del Corso ci chiediamo se il sindaco Ignazio Marino, oltre a propagandare la sua immagine di città, si sia fatto raccontare che le luci spente sono alla base di quel decoro da lui tanto decantato come priorità. I casi ancora verificabili sono tantissimi (impossibili da elencare tutti) ma alcuni esempi hanno visto protagoniste a ottobre Via di Brava a Casal Lumbroso, Largo Cevasco tra viale Togliatti e via Tobagi, via Tovaglieri all’Alessandrino e poi nel XV municipio interi tratti di via Cassia, via Oriolo Romano, strade di Cerquetta e Labaro e negli ultimi giorni anche le zone di Largo Fochetti e Circonvallazione Ostiense, via di Casalpalocco, via di Casal Boccone, alcune vie di Tor Tre Teste, zone di via della Pisana e l’elenco potrebbe continuare all’infinito fino a situazioni limite come quella delle gallerie della Tangenziale est vicino a Stazione Tiburtina o di Fori imperiali e Colosseo, che nemmeno una settimana fa sono rimasti al buio per alcuni giorni nonostante la continua presenza di turisti e autobus in circolazione, insieme a due lampioni lato via Labicana.

Le segnalazioni dei cittadini, che arrivano ad Acea Reti, si sprecano e non sempre ricevono risposta, mentre i tempi di attesa infiniti al centralino Acea 800130336  attivo 24 ore su 24 scoraggerebbero anche l’uomo più paziente. Infine l’email lampionispenti@acea.it, evidentemente affollata di richieste, funziona come una foglia di fico se non risponde a breve giro (come testimoniano le lettere dei cittadini). Quando però una risposta ufficiale arriva si scopre che è in corso un mercato dei materiali elettrici (cavi, rame, canalizzazioni ecc) da parte di malviventi che asportano nottetempo queste parte degli impianti elettrici lasciando al buio i quartieri.

Ma è proprio qui che il meccanismo si invischia. Perché mentre la gestione del problema resta all’Acea, i pali della luce sono di proprietà del Comune ed è quest’ultimo a doversi occupare economicamente del danno e ad autorizzare gli interventi. Da qui parte una lunga trafila burocratica che porta quelle strade a rimanere giorni e spesso settimane al buio. L’Acea deve prima quantificare l’entità del danno ricevuto al Comune (XII Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana), quindi ottenere l’autorizzazione alla ricostruzione dell’impianto distrutto o danneggiato e infine ripristinare l’effettivo funzionamento dei lampioni. I tempi di reazione dell’amministrazione sono sotto gli occhi di tutti: solo per fare un esempio via dei Prati Fiscali è al buio da oltre due mesi.

Ad aggravare il quadro sono i dati pubblicati a ottobre dall’Agenzia comunale per i servizi pubblici locali che oltre a ricordare come Roma sia una città non ben illuminata rispetto alla media nazionale essendo caratterizzata da «livelli medio-bassi di luminosità e di frequenza media dei punti luce sulle strade» (peggiore di Milano, Torino, Firenze e Bari), sottolinea che non brilla affatto sul versante dei guasti perché «nonostante la progressiva riduzione dei tempi di intervento, nella capitale i tempi effettivi medi di riparazione sono più lunghi rispetto a quelli dichiarati dalle altre città, e tuttavia gli standard contrattuali sono così larghi che le penalità applicate per adempimenti oltre i tempi previsti rappresentano solo una frazione millesimale dell’importo del servizio (30mila euro nel 2011 e 26mila nel 2012)».

Insomma anche il Comune è informato sul fatto che le cose non vanno, l’Acea lo sa bene e lo dice anche l’Autorità di Controllo comunale. Ma al sindaco Ignazio Marino (che vorrebbe girare in bicicletta) glielo hanno detto? Forse glielo racconteranno i tecnici nella relazione annuale dell’Authority il prossimo lunedì mattina in Aula Giulio Cesare.

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