Prima il Cem di via Ramazzini, poi la riforma a livello nazionale che in pratica la privatizza: non c’è pace per i dipendenti della croce rossa che a meno di 15 giorni dall’entrata in vigore del decreto 178/12 (che di fatto sopprime l’ente pubblico Croce Rossa Italiana) ancora non conoscono quale sarà il loro destino. Aumentano dunque le preoccupazioni per i quasi 4.000 lavoratori della Croce rossa italiana che venerdì, dopo le manifestazioni di luglio e ottobre scorsi, sono scesi ancora una volta in piazza per chiedere con forza più chiarezza al ministro Beatrice Lorenzin.
«Il Governo, i ministeri vigilanti (Salute, Economia e Difesa) e la Funzione pubblica continuano vergognosamente a ignorare le grida di allarme dei lavoratori della Cri, che temono un licenziamento di massa sull’altare delle privatizzazioni». È quanto si legge in una nota dell’Usb. L’Usb ha indetto lo sciopero dell’intera giornata dei lavoratori Cri, con presidio a Roma – al Pantheon – e chiede al Governo di intervenire tempestivamente apportando delle modifiche al decreto 178/12 e alla legge 125/13, per scongiurare gli effetti devastanti che si ripercuoteranno a partite dal 1 gennaio prossimo continuano i sindacalisti scesi oggi in piazza.
Alla manifestazione sono stati presenti «delegazioni di lavoratori provenienti da tutta Italia (Lombardia, Puglia, Campania, Sicilia), che pretendono riposte certe a garanzia di tutti i livelli occupazionali. Se le risposte saranno insufficienti, l’Usb- conclude il comunicato- insieme ai lavoratori deciderà le forme di protesta più efficaci contro la ”messa in liquidazione dei 4.000 dipendenti Cri».
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