Nell’articolo di ieri si riferiva delle disastrose condizioni igienico sanitarie negli edifici occupati da extracomunitari per lo più clandestini, alla Romanina, dove a giugno era morta una persona di Tbc. Di fronte al reale pericolo di diffusione della malattia fa testo un documento del Ministero della salute intitolato “Stop della tubercolosi in Italia” nel quale è scritto «Il progressivo aumento dei casi di tbc in persone immigrate da altri paesi ha comportato problemi nuovi nella gestione: difficoltà di accesso ai servizi, barriere culturali e linguistiche, difficoltà di trattamento».
COSA FARE PER ISOLARLA – «L’esperienza di altri paesi – prosegue il documento – dice che è possibile ottenere risultati tangibili, a condizione che gli interventi siano improntati all’azione.» E l’azione potrebbe essere proprio quella suggerita dalla Procura di Roma nel 2012 a Renata Polverini, allora governatrice del Lazio, per un ricorso più frequente al trattamento sanitario obbligatorio, per evitare il contagio di una malattia che si credeva debellata nella nostra penisola. Sin qui l’antefatto, ma è lo specifico dei dati che può chiarire la situazione anche se gli aggiornamenti del Ministero della Salute risalgono solo al 2010. Dai dati risulta che allora i casi di Tbc furono quattro anni fa 10989 dei quali oltre la metà 5265, dei ‘non nati in Italia’, secondo la dizione del Ministero.
ECCO I DATI DEL MINISTERO – Contrariamente all’opinione diffusa (per lo più a sfondo razzista e sul colore della pelle) 1375 casi riguardarono cittadini rumeni, tanto che a suo tempo si parlò di Tbc che viene dall’est, a seguire Marocchini con 512 casi, pakistani (318), senegalesi (255), peruviani (239) e altri. Sempre nel 2010 i casi nel Lazio furono per i ‘non nati in Italia’ 901, l’80% dei quali concentrati a Roma. solo che qui la triste classificazione muta perché se è vero che i rumeni colpiti furono allora 394 seguono distaccati (54 e 50) casi Filippini e indiani. Per quanto riguarda il Lazio si ricorda il contagio dei 34 bambini del Gemelli nell’estate del 2011 che ovviamente nulla ha a che vedere con l’immigrazione più o meno clandestina, ma bastano pochi dati per capire che a livello mondiale la situazione è Preoccupante. Secondo il rapporto “Global tuberculosis control 2011” dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nel 2010 ci sono stati in tutto circa 8,8 milioni di nuovi casi di tubercolosi (128 ogni 100 000 abitanti) e per questa malattia sono morti 1,1 milioni di persone. Cifre che sicuramente non giustificano l’idea di una malattia ormai debellata.
ASIA E AFRICA – Le regioni più colpite sono l’Asia e l’Africa, in particolare quella subsahariana. Da sole, Cina e india contano rispettivamente il 38% e il 26% dei casi di tubercolosi nel mondo. Nel 2010, i cinque paesi in cui si è verificato il maggior numero di nuovi casi sono stati l’india, la Cina, il Sudafrica, l’Indonesia e il Pakistan. Già da questa distribuzione geografica si comprende che la tubercolosi è una malattia della povertà, che insorge e si diffonde con facilità quando le persone vivono in ambienti sovraffollati, in pessime situazioni igienico-sanitarie e in condizioni di malnutrizione. Situazioni che si possono ricreare anche oggi nelle nostre realtà urbane soprattutto quando l’immigrazione sfugge ai controlli sanitari.
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