Violenza domestica, i centri “Codice Rosa” al Grassi e Umberto I

Un modello operativo integrato per far emergere e contrastare la violenza di genere

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Alice P. era stata condotta dall’autoambulanza presso l’ospedale più vicino del litorale. Aveva il volto cosparso di sangue che nascondeva la reale estensione della tumefazione. All’agente del posto di polizia dell’ospedale, con voce sommessa, aveva riferito di essere stata picchiata e abusata sessualmente dal marito. Alice è una delle tante donne che oggi non raccontano più di una ‘accidentale caduta dalle scale’ e al medico riescono a descrivere il proprio dramma famigliare.
Tutto questo può accadere anche grazie allo sviluppo di una rete di centri che, riconoscendo la violenza sulle donne in ambito sanitario, accolgono le donne vittime di violenza e le loro storie.

Gli spazi antiviolenza Codice Rosa oggi presenti presso il Policlinico Umberto I e l’ospedale G.B. Grassi di Ostia, si avvalgono della ultraventennale esperienza di Differenza Donna e sono il risultato di esperienze come “Emergenza Codice Rosa” (E.C.R.), un modello sperimentato per la prima volta presso il Policlinico Umberto I di Roma nel 2008, nato dalla sinergia tra il centro antiviolenza e il personale socio-sanitario a cui venivano trasferiti indicatori e competenze sulla dinamica della violenza domestica.  Tale modello si è evoluto con la creazione di veri centri antiviolenza in ambito sanitario implementandosi della integrazione delle forze dell’ordine.

Secondo il modello utilizzato all’Umberto I e al Grassi, la donna vittima di violenza al pronto soccorso riceve un codice situazionale, definito “codice rosa”, che le conferisce un triage sempre giallo (o rosso nei casi gravi) con un’accoglienza specifica da parte del centro antiviolenza, dell’assistente sociale e del personale sanitario, con riduzione dei tempi di attesa. Già al primo colloquio si individua il basso, medio o alto rischio e si informa la donna sulle prime azioni da intraprendere. Se non si è di fronte all’alto rischio le forze dell’ordine vengono coinvolte su volontà della donna fermo restando la competenza territoriale, purchè esperte del settore per attivare il percorso investigativo più idoneo. Secondo la logica del “chi fa cosa”, il centro antiviolenza, il personale medico e psico-sociale dell’ospedale, e le forze dell’ordine svolgono azioni integrate. Nella lettura di ogni situazione si tiene conto della matrice culturale sia alla base del comportamento violento che della condizione della vittima evitando qualsiasi forma di medicalizzazione della violenza. Soprattutto viene rispettata la centralità della donna nelle azioni da intraprendere e quindi la sua presa di coscienza del proprio vissuto essendo imprescindibile la sua motivazione nel percorso di uscita dalla violenza.

L’efficacia di tale modello è individuabile dal gran numero di donne che, giunte al pronto soccorso dei due ospedali, con volontà e consapevolezza hanno scelto di intraprendere un nuovo percorso. Tra il 2013 e il 2014, circa 550 donne accolte dai Codici Rosa antiviolenza hanno usufruito del sostegno integrato Codice Rosa e a vantaggio di molte di esse sono stati emessi validi provvedimenti giudiziari in applicazione della legge contro il femminicidio. Nel solo territorio di Ostia, dall’apertura del centro antiviolenza Codice Rosa ad oggi sono stati emessi 24 divieti di avvicinamento, 2 custodie cautelari in carcere e un ammonimento del questore. Il modello Codice Rosa Integrato si avvale oltre che della competenza delle operatrici dei centri antiviolenza, di figure istituzionali ‘rinnovate’ che hanno abbandonato gli stereotipi e in sinergia operano all’insegna della solidarietà e della restituzione dei diritti alle donne.

Ma tante sono ancora le donne intrappolate nella morsa della violenza domestica che non osano farsi avanti fino a rimetterci la salute: molte di esse arrivano a vivere in condizioni di estremo confinamento o persino a perdere la vita. Nel rapporto del 2013 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato l’abuso fisico e sessuale come un problema sanitario che colpisce un terzo delle donne nel mondo.

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