Bufera al Sant’Andrea: in manette il direttore generale per mazzette

L'inchiesta è partita a seguito della denuncia di alcuni parenti di pazienti

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Ospedale Sant'Andrea Roma

Appalti truccati per la gestione delle camere mortuarie. Sarebbero queste le accuse rivolte a Egisto Bianconi, direttore generale dell’ospedale Sant’Andrea di Roma nell’ambito dell’inchiesta sul “caro estinto” avviata all’interno dell’ospedale Sant’Andrea.

LA NOTA DELLA REGIONE –   “Il Presidente della Regione Lazio appresa la notizia della disposizione di misure cautelari domiciliari nei confronti del Dg del Sant’Andrea, Egisto Bianconi, per fatti risalenti al suo precedente incarico, ne ha disposto l’immediata sospensione dalla carica, nominando un commissario straordinario nella persona del dott. Lorenzo Sommella attuale direttore sanitario aziendale”.

Lo comunica in una nota la Regione Lazio.

L’INCHIESTA – L’inchiesta è partita a seguito della denuncia  di alcuni parenti di pazienti e risale adue anni fa. Si parla di appalti pilotati nelle camere mortuarie di alcuni ospedali romani in cambio di bustarelle. Furono oltre trenta gli indagati tra politici, funzionari Asl e addetti di pompe funebri.

LE ACCUSE – Le accuse vanno dall’associazione a delinquere, concorso in corruzione, falso, truffa e turbativa d’asta. Secondo gli inquirenti sarebbero stati aggiudicati appalti in modo irregolare per la gestione delle camere mortuarie in particolare al Sant’Andrea, al San Camillo, all’Umberto I al Pertini e al Sant’Eugenio.

IL PRECEDENTE – Qualche anno fa sempre all’ospedale SAant’Andrea un gruppo di medici finì nei guai per una scuola di specializzazione. Il primario, che ricopre anche un ruolo direttivo di una Scuola di Specializzazione Universitaria, aveva messo in piedi un’organizzazione partendo da alcuni medici specializzandi che avevano partecipato – con successo – all’esame finale della sopra citata Scuola di Specializzazione medica senza aver effettuato tutte le attività di praticantato in sala operatoria, ritenute obbligatorie per l’adeguata formazione professionale.

Infatti, il primario falsificando i registri operatori ed i libretti universitari con l’annotazione della partecipazione ad operazioni chirurgiche, consentiva agli specializzandi di ottenere la necessaria documentazione comprovante le attività pratico-formative alle quali – in realtà – non avevano mai preso parte.

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