Con 800 rifugiati e richiedenti asilo politico, di cui 80 minori il Centro CARA di Castelnuovo di Porto è una delle realtà sociali più colpite dall’alluvione del fiume Tevere. Ma la sua condizione i centro di accoglienza lo rende anche uno dei luoghi “dimenticati”, in un limbo tra Roma e l’abitato di Castelnuovo di Porto (sul cui territorio il centro insiste) che lo rende ancora più isolato.
LA VISITA ISTITUZIONALE. A visitare il centro ci ha pensato questa mattina il consigliere comunale Gianluca Peciola, che al termine dell’appuntamento ha constatato che «l’emergenza non è finita, sono ancora in corso gli interventi di ripristino per i danni subiti. E’ una situazione ancora molto precaria per i rifugiati e richiedenti asilo politico ed è in corso la riorganizzazione del funzionamento della struttura. Nonostante la drammatica situazione di questi giorni, gli operatori e i rifugiati con coraggio hanno contrastato l’allagamento, seppur dotati di mezzi insufficienti. Il Cara di Castelnuovo di Porto è un luogo strutturalmente disumano».
CATEGORIE DEBOLI. La difficoltà nasce dal fatto che tra gli ospiti del centro non ci sono solo giovani immigrati ma anche persone appartenenti a categorie deboli. «Nel Cara – ha spiegato Pericola – sono presenti mamme con bambini anche molto piccoli, che non possono rimanere nella struttura in quelle condizioni, devono essere trasferiti in luoghi più adatti». «Come ho potuto verificare nel corso del sopralluogo, reso possibile grazie alla disponibilità della Prefettura nonostante il poco preavviso della visita, sono evidenti i segni del sovraffollamento e le stanze che ho potuto vedere sono in condizioni fatiscenti». Anche per loro si attendono interventi rapidi per ripristinare almeno le condizioni di vita precedenti all’alluvione.
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