È una storia di ordinaria discriminazione quella che si legge sul sito superabile.it. Siamo a Roma dove una una mamma, Maria Cidoni, protagonista di continue battaglie per i diritti di sua figlia Barbara e di altri figli, racconta un pomeriggio “di ordinarie barriere.
IL RACCONTO – «Oggi poteva essere un bel pomeriggio – scrive su Facebook Maria raccontando il week end appena trascorso – ma diversi avvenimenti contrari me lo hanno rovinato. Un gruppo di volontari della Croce Rossa ha organizzato un’uscita per alcuni ragazzi/e del Cem (il Centro educazione motoria di via Ramazzini a Roma, ndr): hanno deciso di portarli a mangiare il gelato all’Eur e tenerli fuori per due ore. Ci siamo dati appuntamento al Cem per le ore 15.30, tutti puntualissimi, alcuni in netto anticipo». I volontari erano 13, ma c’erano a disposizione solo due piccoli pullman dove potevano entrare, in totale, solo 7 carrozzine e gli accompagnatori. “Ci siamo recati all’interno della struttura e anche lì un altro contrattempo ci ha bloccati per un’ora, così siamo riusciti a partire alle 16.30. Barbara è venuta in macchina con me e mio marito che volevamo partecipare all’uscita. Arrivati al laghetto dell’ Eur ci siamo fermati in uno spazio all’ombra e alcune volontarie sono andate a prendere i gelati per i ragazzi».
LE BARRIERE AL BAR – Maria ha portato Barbara con sé perché voleva prendere un caffè e far scegliere i gusti del gelato a Barbara. E qui l’ennesima barriera: «Arrivata alla gelateria ho trovato l’ingresso con due gradini, ho girato tutt’intorno per cercare un posto senza gradini che mi permettesse di entrare con la carrozzina ma, con mia grande sorpresa, non l’ho trovato. Ho chiesto ad alcune persone che lavorano all’interno se c’era modo di entrare con la carrozzina ma mi hanno risposto di no. Alcune persone, che facevano la fila alla cassa, si sono rese disponibili ad aiutarmi per sollevare la carrozzina, mi sono rifiutata perché mi sentivo offesa, ho chiesto spiegazioni al direttore del locale che mi ha risposto che non gli permettono di mettere uno scivolo, mi sono sentita così umiliata e avvilita che mi veniva da piangere. Così il caffè non l’ho preso. Conclude amaramente la signora Cidoni: “Non avevo il guinzaglio per Barbara, bisogna che me lo porto dietro, potrebbe servirmi per la prossima volta».
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