“Vogliamo rassicurazioni sulla situazione sanitaria dei migranti”. Questa, in sintesi, la richiesta prodotta da centinaia di residenti del quartiere S. Palomba, a Pomezia, dove lunedì notte sono stati alloggiati 110 migranti provenienti dall’Africa. Gli abitanti del quartiere ieri sera hanno partecipato in massa ad una riunione del Comitato locale per fare il punto della situazione e per tutti è emersa la necessità di avere informazioni chiari rispetto alle procedure di profilassi effettuate per i 110 migranti che da due giorni occupano il residence 3C. Al termine dell’incontro, il CdQ ha prodotto un documento, protocollato questa mattina al Comune ed inviato a tutti gli organi istituzionali coinvolti, nel quale si invita l’Amministrazione a fare chiarezza.
IL COMITATO DI QUARTIERE – “In merito alla nota vicenda dei richiedenti asilo che hanno trovato sistemazione nel residence 3C, ieri il Comitato di Quartiere da me rappresentato ha indetto una riunione con la cittadinanza al fine di raccogliere esperienze, impressioni e istanze – ha spiegato Diego Casubolo, presidente del CdQ – Ne è emerso un quadro di profonda inquietudine e paura legate alla pressoché assenza di informazioni e rassicurazioni provenienti dai soggetti istituzionali i quali, a parte il comunicato stampa del Sindaco di Pomezia, non hanno prodotto nessun documento ufficiale. Non si riesce a capire come si possa parlare di integrazione e mediazione culturale in un contesto dove i residenti non vengono correttamente informati e rassicurati sulla non pericolosità della situazione. Il tutto si svolge in un quadro di precaria sicurezza stante la perdurante assenza di forze dell’ordine sul territorio”.
LE RAGIONI – Molto esplicito il documento prodotto dal Comitato. Dopo aver espresso solidarietà ai migranti, il Cdq rivendica “il diritto degli abitanti del quartiere “Roma Due”, interessato all’arrivo degli immigrati, a che ciò avvenga in un quadro di piena trasparenza e di dettagliata informazione. Nostro malgrado ci troviamo a dover rilevare come il trasferimento delle popolazioni provenienti da paesi extracomunitari, verosimilmente interessati a guerre civili, sia avvenuto in un clima di opacità e pressoché assenza di informazioni da parte delle istituzioni preposte, tanto da provocare nella cittadinanza residente un clima di apprensione, rabbia e paura. Questi timori si dimostrano comunque giustificati nella considerazione che gli “immigrati” entrano in contatto con i residenti (frequentando ad esempio il parco pubblico insieme ai nostri figli, usufruendo del trasporto pubblico locale, ecc.) e nessuna rassicurazione, soprattutto “dal punto di vista sanitario”, è stata fornita alla popolazione residente, alla quale viene negato il diritto ad una corretta informazione”. Ad oggi, ribadisce Casubolo, “l’unico documento “ufficiale” prodotto dalle autorità è costituito da un comunicato stampa del Comune di Pomezia che recita testualmente: “i controlli sanitari continueranno nei prossimi giorni”. Se ne deduce, quindi che tali controlli sugli immigrati, collocati frettolosamente e nel cuore della notte nel quartiere, non siano ancora conclusi e che i residenti potrebbero essere esposti a gravi rischi per la propria salute”. Nel documento si chiede inoltre per quanto tempo gli immigrati saranno ospitati a S. Palomba che tipo “di attività che verrà svolta all’interno del residence con particolare riferimento alla eventuale previsione di nuovi arrivi ed alle modalità di controllo del personale in entrata e in uscita dalla struttura”, chiedendo “che venga predisposto un servizio d’ordine onde evitare, tra l’altro, che la situazione sia sfruttata anche da terzi per occupare ulteriormente il residence o peggio la scuola di nuova costruzione, ancora inutilizzata” e che “sia consentito l’ingresso alla struttura ad una delegazione di cittadini affinché possa appurare le condizioni di vita e verificare che tutti i servizi previsti siano realmente erogati, evitando così che eventuali mancanze o omissioni, già avvenute in realtà analoghe, generino fenomeni di malcontento e di protesta”. Il documento si conclude con la richiesta di riscontro entro 5 giorni “onde scongiurare degenerazioni pregiudizievoli per i residenti nonché per gli immigrati stessi”.
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