Per la legge è una questione ormai risolta dallo scorso anno, ma esercenti e imprenditori dello sport tendono a non allinearsi richiedendo a tutti gli iscritti ai propri servizi il certificato medico. Con aggravio per i clienti, costretti a pagare tra i 30 e i 50 euro il proprio medico.
LA LEGGE – Il decreto legge Fare del 2013 ha cancellato l’obbligo di presentare il certificato medico, e le spese economiche ad esse annesse, per svolgere attività ludico-motoria amatoriale (come ad esempio andare in palestra o svolgere nuoto libero).
LO SCONTRO – Ma, in questa situazione legislativa, le palestre ancora non si sentono tutelate completamente. «Molto probabilmente – piega Silvestro Scotti, vicesegretario della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) all’AdnKronos – questo avviene perché i gestori pensano di tutelarsi rispetto alle coperture assicurative. Ma in realtà è una cosa doppiamente inutile: sia perché non è un obbligo sia perché non tutela da nulla, visto che per noi non è possibile certificare la compatibilità del paziente con attività fisiche libere o comunque stabilite dall’istruttore di cui non possiamo conoscere il carico reale» . I medici, teoricamente, possono produrre un certificato per l’attività agonistica o per attività non agonistica. «Dobbiamo “inventarci” quello per la palestra, anche perché senza questo documento diverse strutture rifiutano l’iscrizione. Allora torniamo alla “sana e robusta costituzione”, che non certifica niente rispetto all’attività che si è scelto di fare ma che viene accettato perché, come mi ha riferito un mio paziente, iscritto ad una famosa palestra in franchising, per il gestore “basta che ci sia un pezzo di carta firmato dal medico”!».
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