Comune di Roma, Ignazio Marino attacca i vertici Acea

Tra debiti e crollo del titolo sembra non più rimandabile la sostituzione dei vertici della municipalizzata. Che è al 51% del Comune, ma al contrario delle altre, è una Spa quotata in borsa

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Si sentiva già aria di cambiamento ai vertici di Acea quando il 1° febbraio l’allora amministratore delegato Marco Staderini conferì al direttore generale Paolo Gallo le deleghe relative alla gestione operativa mantenendo direttamente la responsabilità dello sviluppo strategico del Gruppo. Curriculum di tutto rispetto quello di Gallo, nato a Torino nel 1961, laureato in Ingegneria Aeronautica al Politecnico di Torino che si è fatto le ossa in Fiat Avio SpA per finire il suo excursus quale AD in Edipower della stessa Società dal 2008 sino al suo sbarco in Acea. Ma ormai il suo fortunato destino stava per compiersi e nell’aprile di quest’anno ecco la nomina suprema: amministratore delegato di Acea. Che il gaudioso evento si compisse a ridosso delle elezioni suscitò già allora le reazioni dell’ancora candidato Ignazio Marino che chiese il rinvio delle nomine, contestando la possibilità di firmare ai nuovi vertici della multiutility capitolina «contratti che daranno al Cda una buonuscita milionaria». Storia vecchia quella delle buonuscite. Inizia con la vittoria nel 2008 di Gianni Alemanno che decide di cambiare in anticipo i vertici della multiutility capitolina. Operazione che costò alla società 3 milioni di euro di buonuscita (appunto) per l’allora Ad Andrea Mangoni e 2 milioni a testa per due suoi manager di fiducia. In totale sette milioni di costi in più, legati alla volontà del Campidoglio di modificare l’assetto del consiglio di amministrazione della municipalizzata nominando amministratore delegato Marco Staderini. Che in tutta l’operazione della nomina pre-elettorale di Gallo ci fosse lo zampino di Alemanno fu decisamente negato, guarda caso, dall’amico e presidente di Acea (e Camera di Commercio) Giancarlo Cremonesi, il quale affermò che l’assemblea sarebbe stata convocata in “tempi non sospetti” cioè prima che fosse fissata la data delle elezioni. Si dà tuttavia il caso che che fra una liquidazione e l’altra, in cinque anni il titolo sia crollato del 61%, che Acea continui ad essere super-indebitata per oltre 2 miliardi ancora in crescita alla fine del 2011 nonostante siano state cedute per 140 milioni gran parte delle attività del fotovoltaico per concentrarsi sul settore idrico e ambientale. Situazione che non preclude ai manager di incassare lauti stipendi, tanto che Marino, in campagna elettorale, definì «fuori linea rispetto ad altre aziende dello stesso tipo e delle  grandi multinazionali a livello mondiale». Per fare solo un esempio nel 2012, l’ex Ad Marco Staderini ha guadagnato 420mila euro. Paolo Gallo, allora in qualità di direttore generale, portava a casa 663mila euro con un consiglio di amministrazione che compresi Ad e direttore generale, è costato in un anno 2 milioni di euro cui vanno aggiunti 831mila euro di compensi per i tre sindaci. Ieri Marino è ripartito all’attacco di Acea con una lettera molto critica sui comportamenti eccessivamente privatistici della multiutility e sullo scandalo della “bollettazione mostre” di Acea, ma come abbiamo visto la ruggine si era accumulata già prima dell’elezione del sindaco. Certo, la prima testa che potrebbe cadere è quella del presidente Cremonesi, tenacemente aggrappato anche alla poltrona in Camera di Commercio, ma nel frattempo l’Ad Gallo ha lavorato rafforzando il proprio potere nella società e nelle sue consociate. Lui infatti  è anche garante degli interessi dei soci privati fra i quali spiccano Caltagirone con il 115,9% delle quote e Gaz de France con il 11,5%. Insomma, con quella lettera Marino si appresta ad affrontare una partita difficile con la differenza, rispetto ad Atac ed Ama, che in Acea il Campidoglio è socio di maggioranza (51%), ma in una società quotata in borsa. Quindi tocca andarci cauti, anche se alcune fonti ci dicono che non è proprio intenzione di Caltagirone andare alla guerra, anche se il suo quotidiano, Il Messaggero, al sindaco non ne perdona una. (continua) Giuliano Longo

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