Mafia a Roma, M5S: «Prefetto Pecoraro molto preoccupato»

Il prefetto sta analizzando le oltre mille pagine dell'indagine della Procura

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Ore delicate per il Comune di Roma dopo l’inchiesta sulla mafia capitale. In queste ore  il prefetto pecoraro è a colloquio con il ministro Alfano. Al centro del confronto la richiesta di scioglimento del Consiglio comunale di Roma Capitake avanzata ieri dal Movimento Cinque Stelle.

LA PROTESTA DEI CINQUE STELLE – «Il prefetto sta analizzando le oltre mille pagine dell’indagine della Procura e ci ha garantito che ci rivedremo dopo il 10 dicembre, dopo che avrà parlato con il ministro dell’Interno». Così il consigliere capitolino del Movimento 5 Stelle, Daniele Frongia, che ha partecipato insieme a una delegazione all’incontro con il prefetto, Giuseppe Pecoraro, per chiedere lo scioglimento del Comune di Roma per mafia.
«Il Prefetto è molto preoccupato per la situazione che si è andata a delineare. Ha condiviso le nostre preoccupazioni, sa che la situazione è molto più ampia di quella che si poteva immaginare», ha aggiunto il capogruppo del M5s alla Camera Andrea Cecconi dopo l’incontro con il Prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro.

LA NORMATIVA – La legge nel corso degli anni ha subito alcune modifiche per tenere il passo di una mafia sempre più moderna e globalizzata; si è passati dall’art. 15 bis della legge n. 55 del 1990 all’art. 143 del d.lgs. 267/2000 che prevedeva: “Fuori dei casi previsti dall’articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalita’ organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia e di componente delle rispettive giunte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti, nonché di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte”. Quest’articolo ha subito di recente ulteriori modifiche per rispondere ai rilievi mossi dalla dottrina, dalla giurisprudenza, dal mondo politico-istituzionale (vedesi per esempio la relazione del Parlamento della Repubblica Italiana[4]) che riguardavano la responsabilità per lo scioglimento non soltanto degli organi di governo locale ma anche degli organi di gestione amministrativa-finanziaria-contabile (dirigenti, personale) alla luce anche della nuova ripartizione tra organi di indirizzo e controllo politico-amministrativo (consiglio, giunta, sindaco o presidente) e organi di gestione, altri rilievi mossi riguardavano l’incandidabilità degli amministratori ritenuti responsabili dello scioglimento, sono stati oggetto di rilievi anche le figure dei commissari, che vanno a sostituire gli organi di governo locale, per via della loro preparazione, dei loro poteri e così via. Questi problemi sono stati parzialmente risolti con il nuovo art. 143 e ss. (modificato dalla legge n. 94/2009 cosiddetto pacchetto sicurezza): anche se sono state mosse delle critiche ad esempio con riferimento agli elementi che sono ora richiesti per giungere allo scioglimento (concreti, univoci e rilevanti elementi) che snaturano lo strumento legislativo (di prevenzione sociale) rendendo più difficile l’attuazione della legge per prevenire o reprimere penetrazioni della mafia negli enti locali (il giudice di cassazione Raffaele Cantone a tal proposito sostiene: la riforma del 2009, che ha modificato lo scioglimento degli enti per infiltrazioni mafiose ha indebolito moltissimo, l’Istituto; i comuni che vengono sciolti sono molto meno e in gran parte di quei casi, il TAR sta annullando tutti gli scioglimenti) nonché con riferimento all’incandidabilità degli amministratori coinvolti che prevede un iter talmente complesso da far risultare tale misura più un’operazione di facciata che reale.

 

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